A dare il via a questi dieci anni di calvario – non fosse bastato quello a cui fu sottoposto Stefano – furono le foto terribili del suo corpo martoriato sul tavolo dell’obitorio; a mettere una (prima) parola fine a troppi processi ieri è stata un’altra immagine: un carabiniere, in divisa, che fa il baciamano a Ilaria Cucchi, subito dopo la sentenza che ha condannato i suoi commilitoni. Da tre anni in servizio a Piazzale Clodio, e dopo aver seguito parecchie udienze del dibattimento, il militare ha sentito il bisogno di compiere un gesto spontaneo, accompagnato da poche, semplici parole: “L’ho fatto perché finalmente dopo tutti questi anni è stata fatta giustizia. Chi sbaglia paga e doppiamente se porti la divisa”. Una riparazione, una riconciliazione, la dimostrazione plastica che l’Arma non è quella che uccide un ragazzo preso in consegna.
Un gesto che, se possibile, vale quanto le stesse parole del comandante generale, Giovanni Nistri, che in serata, ancora una volta, ha fatto pervenire alla famiglia Cucchi la sua vicinanza: “Abbiamo manifestato in più occasioni il nostro dolore alla famiglia. Un dolore che oggi è ancora più intenso dopo la sentenza che definisce le responsabilità di alcuni carabinieri venuti meno al loro dovere, con ciò disattendendo i valori fondanti dell’Istituzione. Sono valori – ha aggiunto Nistri – a cui si ispira l’agire di 108mila carabinieri che, con sacrificio e impegno quotidiani, operano per garantire i diritti e la sicurezza dei cittadini, spesso mettendo a rischio la propria vita, come purtroppo testimoniano anche le cronache più recenti”.
L’Arma c’è, finalmente, dopo gli anni in cui una catena di omertà avrebbe coperto la vergogna e l’orrore di quanto accaduto nella compagnia Casilina, la notte in cui Stefano fu arrestato. E non è un caso che sia stato proprio Nistri a volere la costituzione di parte civile dell’Istituzione che rappresenta nel processo per depistaggio che inizierà a dicembre.
In questa vicenda, che resta terribile, ci sarà un prima e un dopo. E non per la sentenza di ieri, che dovrà essere confermata o ribaltata nell’appello che i difensori degli imputati hanno già annunciato. Ci sarà un prima e un dopo rispetto alle coscienze dei militari. Perché non va dimenticato che, oltre al lavoro incessante della Procura di Roma che diede vita all’inchiesta bis, sono stati tre carabinieri a decidere di averne avuto abbastanza dei silenzi: Riccardo Casamassima e Maria Rosati, che per primi hanno testimoniato portando alla luce la verità e adesso giustamente chiedono giustizia per le proprie carriere interrotte, e Francesco Tedesco, il collega che quella maledetta notte era con D’Alessandro e Di Bernardo e ieri si è visto assolvere dall’accusa di omicidio preterintenzionale e condannare per il reato di falso. Dopo aver raccontato in una precedente udienza ciò che aveva visto e fatto per mettere fine al pestaggio di Stefano, Tedesco aveva chiesto scusa alla famiglia Cucchi e aveva stretto la mano a Ilaria. E anche quell’immagine aveva fatto il giro di siti e giornali.
Saranno questi, crediamo, i gesti che ricorderà non soltanto l’opinione pubblica, ben divisa in questi anni tra accusatori e difensori dei carabinieri. Saranno queste, ci auguriamo, le immagini che rimarranno impresse nella parte sana dell’Arma, quella che i fermati li tratta secondo la legge, senza bende sugli occhi né pestaggi. Con la convinzione che un solo baciamano valga più di cento onorificenze.