La solidarietà

Amatrice, un Centro culturale con i fondi dei lettori del “Fatto”

Polifunzionale - Si è celebrata ieri la posa della prima pietra della nuova struttura con teatro, cinema e ritrovo per gli abitanti

21 Dicembre 2019

Dopo tre anni, ieri, finalmente è stata posata la prima pietra del nuovo Centro Polifunzionale di Amatrice che i lettori del Fatto Quotidiano hanno contribuito a finanziare insieme alla Croce Rossa, all’associazione fondata da Raoul Bova, Io ci sono, a Poste italiane, alla Fondazione Alberto Sordi e all’associazione amatriciana, Mille idee per ricominciare.

La cerimonia si è svolta in un clima diviso tra la soddisfazione e la commozione per quanto la città ha vissuto e sta ancora vivendo.

Il centro storico, infatti, è ancora chiuso, il vecchio campanile dondola ripiegato su se stesso e la cittadina osserva le ruspe e le gru circondate dalle montagne innevate senza ancora costruzioni da esibire. Tutto è fermo, la popolazione vive dispersa tra le poche casette emergenziali e le risorse private di ognuno. Il “centro” è composto dai container della Protezione civile, da alcune prime ricostruzioni realizzate dalle donazioni private che hanno messo in mostra una catena di solidarietà arrivata da tutta Italia.

Il 24 agosto del 2016 la notizia del terremoto seccò la gola a tutti noi. Oltre 300 morti, l’appello accorato dell’allora sindaco Sergio Pirozzi – “Amatrice non esiste più” – e una solidarietà diffusa come non si vedeva da tempo. Anche tra i lettori del Fatto scattò una reazione generosa e in poco meno di una settimana raccogliemmo 225mila euro da destinare ad Amatrice. Dopo averne discusso con il sindaco, incontrammo gli attivisti dell’associazione Io ci sono che avevano realizzato un primo progetto per la costruzione di un Centro Polifunzionale. Raoul Bova aveva organizzato una partita di calcio a Rieti con la Nazionale Cantanti per raccogliere la somma. Poi arrivò la Croce Rossa che stava allestendo un progetto di dimensioni più ampie: una superficie di oltre 1.000 metri quadri con cavea esterna per spettacoli all’aperto, un foyer, una sala cinema/teatro da 220 posti, un caffè letterario e un presidio della Croce Rossa.

L’idea di far parte dei mega-progetti della Cri un po’ ci spaventava. Avevamo raccontato su questo giornale le vicende non proprio esaltanti dell’ex ente pubblico. Ma dopo gli scandali e la crisi degli scorsi anni, la Croce Rossa ha aperto una nuova pagina e oltre alla ricca attività istituzionale – è un ente di diritto privato ma di interesse pubblico con una convenzione con il Mef di circa 60 milioni – ha ormai avviato una notevole attività di sostegno alle ricostruzioni nelle aree post-sisma, con fondi gestiti in piena trasparenza, quasi come un general contractor, come nel caso di Amatrice. Sostituendosi all’intervento pubblico in senso stretto.

E il pubblico in questa vicenda è il principale imputato. La ricostruzione non è mai cominciata e quel poco che si vede è opera dei privati. Come i soggetti che si sono riuniti ieri. Secondo i dati dell’Osservatorio Sisma – realizzato da Legambiente e Fillea-Cgil – a luglio 2019, su oltre 8 mila edifici crollati nel Lazio, solo il 10% ha visto una domanda di ricostruzione. Segno di una totale sfiducia che l’intervento statale possa servire. Dopo tre anni solo le macerie sono state rimosse, e non del tutto.

Pirozzi se la prende con l’attuale maggioranza di governo rea di non aver approvato nel recente decreto Sisma gli emendamenti proposti all’unanimità dalla Regione Lazio. Si trattava di misure che per i Comuni con il 50% piu uno di edifici crollati avrebbero consentito più agili cambiamenti di destinazione d’uso degli edifici distrutti, procedure semplificate in materia antisismica, poteri straordinari per il commissario, come quelli conferiti a Genova dopo il crollo del Ponte e altre misure di questo genere. Un approccio orientato a meno vincoli e a maggiori deroghe che non ha trovato appoggio nella maggioranza parlamentare convinta che il decreto approvato contenga già buoni strumenti per andare avanti. Ma la necessità di procedere seriamente alla ricostruzione al momento resta intatta.

Resta la soddisfazione che si respirava ieri, anche per aver iniziato a “uscire dalla delusione e dal dolore” come ha detto Raoul Bova. Dopo tre anni di strettoie burocratiche e di qualche malfunzionamento iniziale della stessa Cri, poi recuperato, le parole degli intervenuti, dal sindaco di Amatrice, Antonio Fontanella, al presidente della Croce Rossa, Francesco Rocca, allo stesso Pirozzi, hanno voluto mettere da parte la retorica della “prima pietra” confidando che entro l’estate sarà posta l’ultima. Probabilmente in tempo per inaugurare il Centro Polifunzionale in occasione del quarto anniversario del terremoto. E sperando che intorno a esso ci siano più case, negozi, spazi pubblici, almeno una parvenza di vita comune. Amatrice ne ha bisogno.

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