È spuntata all’improvviso, nascosta tra le righe di un crowdfunding. Si chiama “6000 Sardine E.T.S.” (ente del terzo settore) ed è l’esordio del movimento nel mondo del diritto, il soggetto giuridico che vuole incanalare l’energia delle piazze anti–Lega. Con un patrimonio di tutto rispetto: 54mila euro raccolti in soli 4 giorni e la prospettiva di accumularne molti di più. Già, perché lo scopo per cui la misteriosa associazione è nata è fare da “cassaforte” alla raccolta fondi online – lanciata il 23 dicembre – per il concerto-evento del 19 gennaio a Bologna, che in molti definiscono una chiusura “non ufficiale” della campagna elettorale di Bonaccini. “Le donazioni andranno su un conto corrente dell’associazione che ne deterrà piena responsabilità, e rendiconterà la spesa di ogni euro raccolto”, si legge nell’appello.
Per qualche ora la novità ha colto di sorpresa le Sardine di tutta Italia. Nessuno sapeva dell’associazione, né di chi fossero i suoi rappresentanti: nessun annuncio, né invito a candidarsi per gli organi dirigenziali o a contribuire a scrivere lo statuto. Solo dopo numerose richieste di chiarimenti i 4 fondatori hanno comunicato – in privato – che l’iniziativa è stata loro, e che le cariche obbligatorie (presidente e vice, segretario, tesoriere), sono loro appannaggio. E a molti la cosa non è andata giù, soprattutto perché il conto corrente potrebbe arrivare a raccogliere centinaia di migliaia di euro. L’obiettivo fissato per coprire le spese del concerto (50mila euro) è stato superato a tempo di record, e la raccolta è aperta fino al 16 gennaio. Continuando a questo ritmo si potrebbero sfondare i 200mila. Che fine faranno le eccedenze? Nell’appello c’è scritto che verranno usate per “finanziare progetti futuri dell’associazione”. Che però, al momento, include 4 persone.
“Mi chiedo a cosa sia servita l’assemblea convocata a Roma”, si sfoga una Sardina della prima ora. “Lì eravamo in 150 e si è detto che tutti contavamo allo stesso modo. Non avevamo il diritto di sapere di quest’associazione? Non avevamo il diritto di farne parte e avere voce in capitolo sulla gestione dei fondi?”. “Chiedere 50mila euro e non dire nemmeno da chi saranno gestiti. È una cosa macroscopica, mi meraviglio che nessuno ne parli”, si legge in una chat Whatsapp. Dopo ulteriore insistenza da parte degli attivisti, alla fine Santori ha condiviso anche un estratto dello statuto, che ricalca il “manifesto” enunciato in piazza san Giovanni: si legge che l’associazione promuove il dialogo e l’ascolto, favorisce lo sviluppo di una società pacifica e consapevole, si impegna contro le fake news e la manipolazione delle notizie.
Ma ora che di mezzo ci sono varie migliaia di euro, i mal di pancia per la gestione accentratrice dei quattro di Bologna aumentano. “Prima l’embargo sulle presenze in tv, ora questo”, lamenta una fonte. E il potenziale elettorale pro-Bonaccini non ha lasciato indifferente il Pd bolognese, che con l’assessore Matteo Lepore (considerato il delfino del sindaco Merola) incoraggia le donazioni: “Per chi volesse contribuire, ecco il link”, scrive su Facebook.