Siamo un popolo attaccato alle tradizioni infatti ogni Capodanno cascasse il mondo, al termine del messaggio augurale di Sergio Mattarella, Matteo Salvini, come Nennillo in Natale in casa Cupiello comunica al popolo italiano che ’o presepe non gli piace. Ora, è pur vero che salvo qualche pastorello in più o l’effetto led nella cometa ’o presepe è sempre lo stesso, ma non è che Nennillo Salvini dimostri, benedetto ragazzo, chissà quale inventiva nel ripetere invariabilmente a me nun me piace.
Anzi no, questa volta anche se visibilmente provato dal patriottico cenone il nostro eroe nel tentativo di denigrare il presepe quirinalizio se n’è uscito con l’espressione “mellifluo” che, va riconosciuto, rappresenta un notevole progresso nel lessico leghista, che i soliti comunisti prevenuti collocano appena un gradino sopra all’alfabeto dei rutti. Per essere all’altezza del Salvini modello Devoto-Oli abbiamo scoperto che mellifluo significa: “improntato a blandizie affettata”, il che apre nuovi orizzonti alla contaminazione dei linguaggi e alla dialettica del Papeete.
Ma la vera novità di questo inizio 2020 è che invece a Giorgia Meloni ’o presepe è piaciuto tanto (“discorso di alto profilo”) lasciandoci in un dubbio atroce. Un complimento a Mattarella o un calcio negli stinchi a Salvini? Nel propendere per la seconda ipotesi la scarsa simpatia (politica) che nutriamo per l’ex vicepremier non c’impedisce di condividere il giudizio a lui attribuito sulla sottile perfidia (politica) della leader di FdI. Che non paga di sottrargli voti e popolarità indossa adesso un profilo istituzionale che Salvini si sogna. Del resto, non v’è chi non veda come l’uomo che rischiò di annegare in un mojito, dopo una parziale risalita stia per affrontare un gennaio accidentato.
Il premier Conte che lo sfotte pronosticandosi a palazzo Chigi fino alla fine della legislatura. La candidata del Carroccio, Lucia Borgonzoni che in Emilia-Romagna viaggia stabilmente tre, quattro punti sotto al campione del centrosinistra Stefano Bonaccini. Il fenomeno delle Sardine che riempiono le piazze là dove egli raduna quattro amici al bar. Le inchieste giudiziarie su Moscopoli in via di definizione. E ora ci si mette pure la Meloni. L’uomo che voleva i pieni poteri si affida adesso al “cuore immacolato di Maria” ma con tutto l’apprezzamento per un fede vissuta con sobrietà e mai esibita non siamo così convinti che la misericordia divina possa dargli una mano. Quando in via Bellerio e dintorni cominceranno a interrogarsi sull’unico caso conosciuto (a parte forse qualche tribù nel deserto dei Gobi) di un leader che battezza un partito col suo cognome.
Se, poniamo il caso, il governo Conte desse ragione alle contumelie della destra inchiavardandosi alle poltrone. Se, per pura ipotesi, il voto alla Borgonzoni, un attimino problematico (dice il capo che “d’ora in poi con lei ci vedremo poco”) non fosse in linea con il Voto Mariano. E se, Dio non volesse, i sondaggi non si schiodassero da quel 30%, che è sempre tanto ma non abbastanza per fare a meno della Meloni e di Berlusconi. Se dunque gli eventi invernali contribuissero al congelamento della Lega e delle sue ambizioni di governo, per quanto tempo ancora Salvini potrebbe sfangarla con i suoi sbaciucchiando rosari? (Sia detto per inciso, se proprio dobbiamo morire sovranisti e potessi scegliere, con uno che s’ingozza di Nutella e poi si mette a dieta con un limone un accordo alla fine si trova).