Cellulari che registrano le telefonate e una importante testimone russa sentita ieri sera in Procura. L’inchiesta sull’incontro all’hotel Metropol di Mosca del 18 ottobre 2018 e sui “rubli” che dovevano finire nelle casse della Lega accelera e non poco. Sei mesi dopo lo scandalo, ecco la svolta che potrebbe inguaiare l’ex vicepremier Matteo Salvini. I magistrati di Milano, che indagano per corruzione internazionale, stanno studiando i contenuti dei cellulari sequestrati nel luglio scorso. Si tratta degli smartphone in uso ai tre indagati dell’indagine: Gianluca Savoini, ex portavoce di Salvini, nonché uomo della Lega per i rapporti con la Russia, Gianluca Meranda, avvocato d’affari, ex massone e Francesco Vannucci, toscano, consulente bancario, ex politico locale del Pd. Ma è soprattutto su Meranda che si concentra l’attenzione dei magistrati. Il professionista, già consulente della banca d’affari londinese Euro-Ib e per questo, emerge dall’inchiesta, in contatto con Eni, aveva l’abitudine, secondo i pm, di registrare le telefonate.
Il dato non è di poco conto. I file scaricati e poi trascritti sono molti. I magistrati li stanno ascoltando. Quale sia il contenuto, al momento, resta un omissis. Quale interlocutore ha registrato Meranda? Anche Salvini? Al momento il capo della Lega non è indagato. Di certo, però, il 17 ottobre 2018, il giorno prima del Metropol, Salvini era a Mosca per un convegno organizzato da Confindustria Russia. Lo stesso giorno vedrà il suo omologo russo, Dimitry Kozak, con deleghe per l’energia. L’incontro dell’ex capo del Viminale, non annotato nell’agenda ufficiale, si tiene nello studio dell’avvocato Vladimir Pligin, professionista vicino a Putin.
In questi sei mesi l’inchiesta ha accumulato decine di atti: dalle carte acquisite in Eni ai dati estrapolati dai cellulari. Riassumiamo: nel luglio scorso il sito americano Buzzfeed rende pubblico un audio registrato ai tavolini dell’hotel Metropol di Mosca. È il 18 ottobre del 2018. Sei persone sono sedute: tre italiani (gli indagati attuali) e tre russi. Di questi due sono stati identificati e risultano molto vicini all’entourage del presidente Vladimir Putin. Il terzo, pur già identificato, è un omissis. Quella mattina ci sono anche due cronisti de l’Espresso che da lontano vedono e scrivono. L’articolo uscirà nel febbraio scorso. L’indagine, ufficialmente, si apre a fine maggio con l’iscrizione nel registro degli indagati di Gianluca Savoini. Sul tavolo del Metropol si discute di una partita di gasolio che Eni dovrebbe acquistare. A vendere è una società di Stato russa, Gazprom o Ronseft. A illustrare il piano è proprio Meranda che tra le tante cose spiega come i political guys della Lega abbiano calcolato in un 4% il discount da far uscire. Tradotto: se la partita vale 1,5 miliardi di dollari, lo “sconto” da far arrivare nelle casse della Lega in vista delle Europee dello scorso maggio è di “65 milioni di dollari”. Allo stato non si ha prova che l’affare sia andato in porto. Di certo si sa che sarà trattato ben oltre il 18 ottobre e fino al primo febbraio. In tutto questo Eni resta un punto di domanda. La società non è indagata, ma vi è prova di un rapporto, se pur datato al 2017, con la Euro-Ib della quale Meranda era consulente. A scrivere una lettera di referenze è la Eni & Trading shipping.
Che l’avvocato d’affari registrasse le telefonate è un dato in mano ai pm, che sia stato lui a registrare la conversazione del Metropol resta solo una ipotesi. Di certo nel suo cellulare i magistrati hanno trovato la fotografia di un foglio sul quale è scritto l’accordo per far arrivare i soldi alla Lega. Il dato viene rilevato dal tribunale del Riesame che il 30 settembre ha confermato la bontà dell’azione della Procura nel richiedere il sequestro dei cellulari. Posizione poi ribadita lo scorso dicembre dalla Cassazione. E se da un lato si studiano con attenzione le telefonate registrate da Meranda, dall’altro, negli uffici della Procura ieri sera è stata sentita come testimone una donna di origine russa. L’interrogatorio, durato un paio d’ore con l’aiuto di un interprete, è stato subito secretato. L’inchiesta, dunque, prosegue e tra pochi giorni la Procura dovrà mandare al giudice per le indagini preliminari la richiesta di proroga per indagare altri sei mesi. In quel documento, di certo, ci saranno i nomi di Savoini, Meranda e Vannucci.