Cosa resterà di queste elezioni afferrate e già scivolate via (Raf), cosa resterà? Memorandum.
Bonaccini. Lo davano per battuto, poi ha avuto il soccorso di Sardine e voto disgiunto 5stelle. Un perdente di successo.
Borgonzoni. Non bastasse il padre che le dà addosso, il cognome storpiato in Bergonzoni, il paragone con il cavallo senatore di Caligola, sempre alle spalle del Capo fino al completo oscuramento per non fargli ombra, non è che gli accolleranno pure la sconfitta? La più ampia solidarietà.
Bugani Max. Noto grillino del dissenso, autore della migliore battuta sul crollo del Movimento. “Suono l’allarme da tempo, impossibile negare l’evidenza, come quel marito che trova la moglie a letto con il migliore amico e chiede: c’è qualcosa che devo sapere?”.
Citofonare Matteo. Accanto a mojito e Papeete, il noto impianto elettronico (chiamato anche targa a pulsantiera) usato per mettere alla gogna la famiglia tunisina del Pilastro rappresenta la pietra miliare di un disastro politico. Simbolo del tafazzismo di destra che a un passo dalla vittoria si spara sui piedi. Dalle processioni che domenica assediavano i seggi dell’Emilia-Romagna sembrava levarsi un solo grido: ohé Salvini, quando è troppo è troppo.
Forzisti alla riscossa. Con Jole Santelli governatrice della Calabria già al primo exit-poll, Berlusconi è l’unico vincitore nel centrodestra. Con Giorgia Meloni in costante crescita, presto presenteranno il conto all’ex Capitano.
Nenni Pietro. Figura prestigiosa del socialismo italiano di cui si ricorda spesso una frase vagamente iettatoria: piazze piene, urne vuote. Che da oggi si può tranquillamente declinare in: piazze piene, urne piene (vedi Sardine).
Proporzionale. Si proclama il trionfale ritorno del bipolarismo su cui andrebbe cucito il sistema maggioritario. Ma con il suo 15-16% il Pd di Zingaretti come può competere con la destra che veleggia intorno al 50 e oltre? Se non perseguendo l’alleanza con i 5stelle che i sondaggi danno, malgrado tutto, intorno al 15- 16%. Soltanto col sistema proporzionale la somma di due debolezze può cercare di diventare una forza.
Sardine. Dichiarano: “Non siamo nati per stare sul palcoscenico, ci siamo saliti perché era giusto farlo. Ora desideriamo tornare a essere noi stessi, elettori e cittadini, parenti e amici, per questo non ci vedrete in tv o sui giornali”. Poi però annunciano: “Ci vediamo a Scampia”. Parafrasando Andreotti si potrebbe dire: benedetti ragazzi, la tv logora chi non la fa. Comunque, grazie di cuore.
Spread. È assodato: il temuto differenziale cresce ogni volta che aprono bocca Borghi e Bagnai, cala decisamente se Salvini perde le elezioni.
Toscana. Prossima tappa della campagna permanente del leghista. Dopo lo sbaciucchiamento della coppa in quel di Parma, ci si chiede a cosa si avvinghierà: alla finocchiona?
Uomo solo al comando. Figura mitica, al momento in disarmo, minacciata dalla gestione collegiale (vedi Salvini e Di Maio). Meglio tuttavia non sottovalutare un classico delle italiche trombature: il rieccolo. Resta assodato che ogni volta che un leader promuove un referendum sulla sua persona (vedi Renzi) regolamente lo perde.
Vito Crimi. Caso abbastanza raro di capro espiatorio volontario. Dopo i saluti dell’astuto Di Maio, gli tocca caricarsi sulle spalle l’irrilevanza grillina nelle due regioni al voto. Difficile dargli torto se dice che il Movimento vale molto di più a livello nazionale. Non certo però il 32 e rotti del marzo 2018. Ragion per cui nei prossimi mesi (e forse anni) si prevedono robuste barricate a cinque stelle in Parlamento.