In Italia siamo abituati a pensare che non si possa far mai peggio della sinistra di casa nostra. Eppure le primarie democratiche nell’Iowa hanno confermato la legge di Murphy per cui se una cosa può andare storto, ci va.
Donald Trump non poteva essere più soddisfatto perché il disastro nel piccolo Stato in cui ancora vigono i caucus, assemblee popolari che cercano di onorare il concetto di “democrazia pura” di James Madison, sarà ricordato a lungo e intaccherà la campagna democratica.
Soprattutto se sarà confermato quanto anticipato dal Washington Post circa l’affluenza al voto. Nei giorni scorsi, il Partito democratico pronosticava una partecipazione di massa, in linea con quella che vide la presenza di Barack Obama nel 2008, anno in cui nello Stato del Midwest votarono 240 mila persone.
“Mentre il Partito democratico dell’Iowa stava cercando di risolvere il caos nel suo sistema di segnalazione – scrive invece il Wp – un funzionario del partito ha annunciato che l’affluenza alle urne era ‘in linea’ con ciò che avevano visto nel 2016”. Cioè, 170 mila partecipanti, un risultato mediocre e che non indica uno slancio particolare per una campagna che, finora, è sembrata stanca, ripetitiva e soprattutto oscurata dalla scelta di procedere all’impeachment contro Trump. Decisione che oggi il Senato probabilmente rispedirà al mittente senza lasciare traccia della manovra dei Dem.
Nel momento in cui scriviamo non ci sono risultati definitivi. Bernie Sanders, però, il 78enne candidato socialista che fa tremare l’establishment del Partito democratico, forte del suo insediamento capillare fondato su migliaia di volontari, ha diffuso una sua rilevazione basata sul 60% dei seggi che lo dà in netto vantaggio: “I nostri numeri mostrano poi che Pete Buttigieg è in seconda posizione, seguito da Elizabeth Warren, poi Amy Klobuchar e Joe Biden”.
Un sondaggio last minute tra gli elettori democratici, condotto dal gruppo dem Focus on Rural America, restituisce un risultato analogo con Buttgieg e Sanders in un testa a testa seguiti da Warren e Biden.
In tal caso si delineerebbe un quadro interessante perché le primarie Usa, perlomeno nella prima rilevazione indicativa porranno con forza un messaggio semplice: via la vecchia guardia rappresentata da Biden, avanti con volti diversi. Giovane, innovatore, fuori dagli schemi, per quanto moderato e centrista, Buttgieg; old fashion, ma radicale, brillante, a fianco del lavoratori e dei diseredati, addirittura socialista, Sanders.
Una notizia interessante perché se il trend fosse confermato anche dalle primarie della prossima settimana nel New Hampshire si confermerebbe una realtà ormai nota da tempo.
Gli elettori vogliono la novità e non perché siano a caccia di emozioni forti o per un innato gusto dell’esotico. La novità è quasi sempre la ricerca di una via d’uscita dalle vecchie ricette, dal già noto e già visto che in genere coincide con quelle politiche che lo stesso Sanders definirebbe “a favore dell’1% contro il 99% della popolazione”.
Il sovranismo in Europa, oltre a rappresentare la paura e la volontà di chiusura rispetto alla crisi globale, rappresenta questa spinta. E Trump, che nel 2016 portava gli Usa fuori dal mainstream consolidato e ben raffigurato da Hillary Clinton, anche. Con risultati disastrosi, ma non tali da preferirgli il vecchio.
Buttgieg si presenta come il “nuovo” e il “futuro”, la sua ben esibita, ma non ostentata, identità gay lo mette in una zona del campo nettamente antitetica a quella di Trump e la sua età, 37 anni, potrebbe rappresentare un vantaggio netto. Sanders non è certamente il nuovo, ma lo incarna dal punto di vista delle politiche. Contro la sua idea di servizio sanitario si sono mobilitate le grandi corporation assicurative, è l’unico che sbandiera come un’icona il Green Deal, l’unico che parla il linguaggio degli operai che nel 2016 si sono rivolti a un miliardario newyorchese. Lo scontro potrebbe essere dunque tra il socialista un po’ idealista e il “millennial” realista, ma progressista. L’Iowa sembra parlare questa lingua e potrebbe essere una buona notizia.
La differenza la farà Michael Bloomberg, il vero miliardario (la fortuna di Trump impallidisce al confronto) che ha annunciato di scendere in campo solo a marzo e che ha intenzione di spendere almeno un miliardo di dollari. Vedremo cosa succederà dopo le prime due primarie e se le novità che si preannunciano possono farlo posizionare diversamente. L’unica certezza è che se alla fine lo scontro fosse tra Sanders e Buttgieg, Bloomberg non potrebbe mai sponsorizzare Bernie. Anche lui fa parte dell’1%.