Ci vorrebbe un Tacito per eternare l’immagine simbolo di questo momento schizoide: il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana che annuncia in diretta Facebook la positività al Coronavirus di una sua collaboratrice armeggiando scompostamente con una mascherina chirurgica nel tentativo di infilarsela, forse per proteggere noi dal virus che si trasmette attraverso la linea Adsl, o forse credendo che aleggi nell’aria del Pirellone, dentro cui egli si isola stoicamente fino all’estremo sacrificio.
Fontana aveva polemizzato col governo perché Conte aveva esplicitato una ovvietà, ossia che se un ospedale diventa un focolaio di infezione evidentemente è saltato qualche punto del protocollo. Posto che sull’assenza di una circolare univoca circa l’uso dei dispositivi di protezione nei pronto soccorso prima del 22 febbraio Fontana può avere qualche ragione (ma sono comunque le Regioni che decidono come spendere i soldi che il governo mette a disposizione con la Finanziaria), il sottotesto è che il governo è colpevole di epidemia perché non ha accolto la proposta di quattro governatori della Lega di mettere in quarantena gli alunni di ritorno dalla Cina, misura che, come s’è visto, si sarebbe rivelata del tutto inefficace a fermare un virus che è arrivato comodamente in prima classe addosso a manager della Brianza e del Veneto. Per salvare i cittadini dal chiuso morbo, Fontana ha anche disposto chiusure di bar e locali, dove pare che il virus si diffonda preferibilmente tra le 18 e le 6 del mattino, salvo poi fare marcia indietro per le proteste degli esercenti; intanto il sindaco di Milano Beppe Sala riapriva tutto e pubblicava un video di autopromozione commissionato da “100 brand della ristorazione” con claim #milanononsiferma e frasi come “Abbiamo ritmi di vita impensabili ogni giorno” (come fosse un vanto).
Gli annali terranno traccia di altri “governatori” creativi, tra cui quello delle Marche Ceriscioli (Pd), che ha chiuso le scuole e vietato le manifestazioni pubbliche contro il parere del governo e della Protezione civile, tanto che l’esecutivo ha dovuto ricorrere al Tar. Ieri Ceriscioli (in odore di ricandidatura alle Regionali) ha rincarato l’ordinanza chiudendo luna park, sagre, discoteche, e lasciando aperti mercati rionali e centri anziani (bizzarro: dei tre contagiati nelle Marche, due sono 80enni). Anche De Luca ha chiuso scuole e università di tutta la Campania per due contagiati “non autoctoni”, mentre De Magistris “sanifica” tutta Napoli e il sindaco di Saronno chiude il mercato per evitare i “1200 decessi” che paventa in base a calcoli suoi.
Ma da dove viene questo caos in una materia così delicata? Viene dalla mancata applicazione di un articolo della Costituzione, il 117 del Titolo V: “Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale”. La profilassi internazionale è esattamente il caso di specie.
A gettare fumo negli occhi concorre Matteo Renzi, con un tweet di speciale irrilevanza: “Quanto al coordinamento Stato Regioni: era nella Riforma 2016. Ma chiamarono ‘deriva autoritaria’ ciò che era solo buon senso. E ora vediamo i danni dell’anarchia”.
In realtà, come abbiamo ripetuto allo sfinimento quando lui e la Boschi andavano in Tv a dire che con la vittoria del Sì i malati di tumore e i bambini diabetici avrebbero avuto finalmente le stesse cure in tutte le regioni, la riforma non toccava la competenza dello Stato per la determinazione dei Lea, livelli essenziali di assistenza, né la tutela della salute, che era ed è in effetti materia di legislazione concorrente tra Stato e Regioni, spettando però allo Stato la determinazione dei “principi fondamentali”, quale è la profilassi internazionale. Non bastasse, l’art. 120 stabilisce che “il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso… di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica”.
Il Coronavirus ha rivelato una falla che non è solo costituzionale: è anche culturale e identitaria. Il federalismo, perseguito anche dal centrosinistra, ha aumentato le disparità tra regioni ricche e regioni sofferenti; in materia di Sanità, le Regioni hanno sempre più privilegiato il privato a danno delle strutture pubbliche (lo ha fatto tra gli altri Zingaretti nel Lazio); la trasformazione degli ospedali in “aziende ospedaliere”, con a capo dei manager chiamati a far quadrare i bilanci, è stato il chiodo nella bara.
Era scontato che di fronte a un’emergenza nazionale non si sapesse cosa fare. Il governo ha il diritto e il dovere di avocare a sé tutte le misure di profilassi per contenere la diffusione del virus, e i governatori che fanno di testa loro e si producono in gag di dubbia riuscita stanno semplicemente agendo in modo incostituzionale.