Presidente Conte, a che punto è la notte? Quanto tempo ci vorrà, secondo la sua analisi e i suoi dati, per dire che l’emergenza è superata?
É una previsione difficile, anche per gli esperti. Tra alcune settimane avremo un patrimonio informativo che consentirà ai nostri esperti previsioni più plausibili.
Quali precauzioni erano state adottate dal governo, a livello ospedaliero-sanitario, dopo lo scoppio dell’epidemia in Cina?
Già il 22 gennaio il ministro della Salute, Roberto Speranza, aveva diffuso una circolare che ha fornito tutte le indicazioni necessarie a individuare e a gestire i “casi” sospetti di contagio.
Veniamo alle critiche dei governatori del Nord. La prima è quella di aver lanciato accuse infondate ai loro sistemi sanitari. Cosa risponde?
Con i presidenti delle Regioni del Nord stiamo lavorando con spirito di piena collaborazione. Ci sentiamo anche più volte al giorno nella consapevolezza che per le decisioni che ci spettano non possono contare colori politici o arroganze territoriali.
Il governatore lombardo Fontana l’ha attaccata per il suo collegamento col programma di Barbara D’Urso in piena emergenza. Non erano troppe le sue 16 dirette tv di domenica?
Vado di rado in televisione: quattro partecipazioni in diciotto mesi. La scorsa domenica ero in Protezione civile: la sera prima, insieme a tutti i ministri, avevamo deciso di disporre una cintura sanitaria per i 10 paesi del Lodigiano e per Vo’ in provincia di Padova. Una misura straordinaria decisa con decreto-legge per mettere in atto una terapia d’urto e cercare di contenere la diffusione del contagio, come ci avevano suggerito gli esperti. Il Paese aveva bisogno di parole chiare, di un indirizzo fermo e di un’assunzione di responsabilità da chi quel decreto l’ha sottoscritto. Sono sceso nella sala stampa della Protezione civile, dove c’erano tv di tutto il mondo e mi sono collegato alle varie trasmissioni domenicali, dedicando a ciascuna quei pochi minuti necessari a spiegare ai cittadini cosa stava succedendo e a rassicurarli che le misure adottate avevano una base scientifica ed erano adeguate e proporzionate all’emergenza che si stava sviluppando. Per fare questo ho interrotto i lavori di coordinamento delle varie attività per una quarantina di minuti.
Quali elementi aveva per dire che all’ospedale di Codogno si è commesso un errore? Ci sono protocolli che non sono stati rispettati?
Non volevo certo mettere sotto attacco i medici e gli infermieri dell’ospedale di Codogno. Tutt’altro. L’altroieri, insieme al ministro della Difesa Guerini, abbiamo chiamato il direttore generale dell’azienda sanitaria di Lodi e il responsabile del Dipartimento emergenze dell’ospedale per esprimere la vicinanza del governo a tutto il personale sanitario che si sta profondendo in uno straordinario impegno professionale. Purtroppo proprio nel Lodigiano si è prodotto, diffondendosi anche in ospedale, il focolaio più insidioso che abbiamo in Italia e questo spiega l’improvvisa impennata, nel giro di pochi giorni, del numero dei contagi. Ma non è il momento di distribuire encomi o demeriti, bisogna rimboccarsi le maniche e lavorare assieme per vincere questa sfida.
Quali misure di protezione avete messo in atto per tutelare i medici di base e gli infermieri che potrebbero essere vettori di diffusione? Il Fatto ha raccontato che alcuni operatori della zona rossa sono stati rimandati al lavoro senza avere i risultati del tampone. Superficialità imbarazzante…
Esistono protocolli standard che tutelano bene il personale medico e infermieristico e vengono anche rafforzati in base al tipo di rischio.
Altra critica: il blocco dei voli diretti da e per la Cina che avrebbe impedito i controlli sui passeggeri di ritorno dalla Cina con voli indiretti.
A parte che l’una cosa non esclude l’altra, anche se la seconda è un’utopia perchè nella società globalizzata è impossibile controllare chiunque si muova e impedire a un virus di diffondersi, gli esperti in quelle prime ore drammatiche insistevano per il blocco. Ne abbiamo discusso molto con Speranza, Di Maio e Gualtieri e abbiamo deciso. E nessuno può dire che sia stata una misura dannosa, anzi ha fatto crollare i passeggeri dalla Cina, che prima erano circa 40mila al mese. In altri paesi europei le compagnie di bandiera effettuano voli diretti con la Cina e dunque i governi hanno lasciato a quelle l’onere di cancellarli. Alitalia invece non fa voli diretti e gli italiani che vanno in Cina usano altre compagnie: così abbiamo dovuto assumerci noi, come governo, la responsabilità di annullarli in tutti gli aeroporti italiani.
Quali strumenti pensa di utilizzare per evitare che le Regioni continuino ad andare in ordine sparso, con decisioni discordanti tra loro? E cosa pensa del governatore delle Marche, Ceriscioli del Pd, cioè di un partito suo alleato, che disattende addirittura la sospensiva del Tar sulla chiusura delle scuole?
Con i presidenti delle Regioni ho fatto un discorso molto chiaro: il Paese sta fronteggiando una emergenza sanitaria che ha carattere nazionale, con un sistema della sanità che invece è strutturato su base regionale. Anche i sindaci hanno il potere di adottare ordinanze in caso di emergenze sanitarie. Insomma abbiamo un assetto giuridico che mal si presta a gestire, con coerenza, rapidità ed efficienza emergenze come questa. Perciò ho invitato tutti a coordinarsi con noi, a evitare scarti e deviazioni che garantiscono sicurezze illusorie, ma che in realtà contribuiscono a generare confusione tra i cittadini.
State pensando di rinviare il referendum del 29 marzo?
Al momento rimane fissata quella data, ma ci riserviamo di prendere una decisione definitiva nei prossimi giorni.
Da noi il numero di contagiati è ovviamente aumentato nel momento in cui si sono intensificati i controlli. Non tutti gli altri Paesi hanno adottato la stessa misura. L’Italia ha sbagliato per eccesso di tamponi? O per la comunicazione dei contagiati in tempo reale, senza distinguere i positivi e i malati?
Quando in Italia è iniziato a salire il numero dei contagiati si è manifestato un eccesso di zelo, con un ricorso indiscriminato al test del tampone, ben oltre le raccomandazioni dell’Istituto Superiore di Sanità. Il ministro Speranza ha sempre costantemente mantenuto i contatti con i ministri della Salute degli altri Paesi europei, per condividere informazioni e strategie di contrasto. Abbiamo sempre avuto consapevolezza che questo virus, al pari di tutti gli altri, attraversa i confini e richiede misure condivise. Quanto ai numeri dei contagiati, sin dalla prima riunione in Protezione civile ho chiarito che le autorità regionali dovevano trasmettere i numeri a noi, in modo da rendere il database della Protezione civile, in collegamento con l’Istituto superiore di sanità, lo strumento ufficiale di controllo.
Ieri la Regione Lombardia ha paventato il rischio di un “disastro sanitario” per il sovraccarico degli ospedali pubblici. Che potete fare come governo? Chiedere medici e personale in prestito da altre regioni? O autorizzare l’ingaggio di medici e infermieri pensionati da poco?
Vedremo se sarà necessario. Ma al ministero della Salute esiste già un piano per fronteggiare un’eventuale progressione dell’epidemia, con differenti scenari di rischio. Sicuramente in questo momento l’attenzione massima è concentrata per rafforzare gli strumenti necessari a far fronte alle complicanze respiratorie, inclusi i presidi e il personale per la terapia intensiva e sub-intensiva.
Da Sala a Fontana a Zaia, è tutto un appello a “riaprire” e allentare le misure di emergenza, che poi però vengono confermate dagli stessi amministratori. Non sono richieste un po’ contraddittorie? Che si può cambiare?
I governatori e gli amministratori territoriali vivono questa emergenza affrontando mille problemi. Subiscono intense pressioni dagli altri amministratori locali e dalle comunità territoriali. La Regione Lombardia ha chiesto e ottenuto, per la prima settimana di applicazione, misure in parte anche più rigorose di quelle del Veneto. Noi cerchiamo di assecondare queste richieste, le facciamo vagliare dal comitato tecnico-scientifico, dove abbiamo raccolto i massimi esperti del settore. L’importante è che queste richieste non compromettano l’efficacia complessiva della risposta e la necessaria omogeneità, in modo da avere trattamenti simili per situazioni assimilabili.
Si parla molto di un nuovo governo con una nuova maggioranza allargata a Salvini e a tutto il centrodestra. Il centrodestra in maggioranza sarebbe utile?
Le formule proposte in questi giorni – governo di unità nazionale, governissimo eccetera – suonano logore ed equivoche. Quando il Paese affronta sfide così impegnative, bisogna che tutti facciano la loro parte, responsabilmente. Approfittarne per tentare di dare spallate o proporre ammucchiate è irresponsabile. Questo è il momento di raccogliere tutte le forze per tutelare la salute dei cittadini e per preservare il nostro sistema produttivo preparandolo al rilancio. Il coinvolgimento delle forze di opposizione va fatto, ma nel rispetto dei ruoli, come ho fatto io quando ho convocato a Palazzo Chigi, nei primi giorni di crisi, i capigruppo di tutte le forze parlamentari, di maggioranza e di opposizione. Li convocherò di nuovo la settimana prossima. E devo dare atto che alcuni di loro, in particolare i leader di Forza Italia e di Fratelli d’Italia, mi hanno comunicato un grande senso di responsabilità nell’affrontare questa sfida nazionale.
Salvini l’ha poi sentito?
Ha chiamato lui, è stata una telefonata molto breve, la prima dopo la crisi di agosto. Gli avevo scritto solo una volta, durante la campagna in Umbria, quando era stato ricoverato per un malore: per augurargli di rimettersi presto in salute, visto che già mi mancavano i suoi insulti… Ma anche allora non aveva risposto. Ora mi ha preannunciato le sue proposte per rilanciare l’economia: in gran parte vaghe o già previste dal piano che stiamo elaborando.
Si aspettava maggior solidarietà dal suo alleato Renzi, almeno in questa fase?
La solidarietà e il senso di responsabilità me li aspetto, in questo periodo di emergenza, da esponenti dell’opposizione. Dal leader di una forza di maggioranza mi aspetto molto di più: lealtà, spirito di collaborazione, disponibilità a sacrificare interessi personali pur di raggiungere un più ambizioso obiettivo comune.
Non teme che le misure restrittive contro il contagio abbiano ripercussioni troppo pesanti per l’economia?
Disponiamo le misure restrittive di settimana in settimana, pronti ad attenuarle non appena il comitato tecnico-scientifico ci garantirà che iniziano a misurarsi gli effetti contenitivi dei nostri interventi. Sarei la persona più felice se potessi alleggerirle subito. Ma ho la responsabilità di garantire la salute ai cittadini, che è il bene più prezioso. Al contempo stiamo lavorando intensamente per mitigare l’impatto negativo sull’economia e per sbloccare il Paese facendolo al più presto ripartire con una terapia d’urto che dovrà scuotere il nostro sistema burocratico e amministrativo dalle fondamenta.
Oltre alle misure economiche già predisposte per le zone rosse, ne avete in programma altre di sostegno ai settori e alle imprese che subiranno ricadute a causa dell’emergenza? Anche sforando il tetto del deficit?
Sì, stiamo già lavorando al secondo decreto che conterrà finanza aggiuntiva, ma abbiamo bisogno dell’autorizzazione del Parlamento per ampliare il deficit. E chiederemo di poterlo fare, in accordo con le autorità europee. Con un terzo intervento, ancora più complessivo e sistematico, faremo ripartire l’intera economia, con accelerazione della spesa per investimenti e una poderosa opera di semplificazione. Metteremo tutte le nostre energie fisiche e mentali per vincere questa sfida e mostrare al mondo il nostro orgoglio di essere italiani.
Secondo un sondaggio di qualche giorno fa, meno del 50% degli italiani ha fiducia nel governo per come sta affrontando l’emergenza. Come se lo spiega?
Ho visto quel sondaggio, ma è stato superato da altri molto positivi. Comunque non sono i sondaggi a guidare la mia azione di governo. Fermo restando che, anche nelle situazioni di maggior difficoltà, per temperamento non perdo mai la lucidità: non mi sono mai abbandonato ad allarmismi, né adesso sottovaluto l’emergenza sanitaria ed economica che stiamo affrontando. Insieme ai ministri ci siamo sempre mossi con equilibrio e determinazione, non perdendo mai di vista le raccomandazioni della comunità scientifica più accreditata.
Il Fatto chiede al governo di chiarire le sue intenzioni sulla riconferma (la terza) di Descalzi al vertice Eni, alla luce del processo per corruzione internazionale e dei conflitti d’interessi della moglie. Gli standard etici dei suoi due governi, che l’hanno portata ad allontanare un sottosegretario indagato per corruzione e a non accettare ministri imputati o indagati per reati gravi, non valgono per l’Eni?
L’unica cosa che ora posso dire è che, sulle nomine più importanti come questa, non è stata ancora presa alcuna decisione. Appena avrò tempo, studierò anche questo dossier e poi decideremo insieme ai ministri competenti, alla luce dei nostri principi di etica, trasparenza e competenza. E anche di un principio che applico da sempre, anzitutto a me stesso: tutti sono utili, ma nessuno è insostituibile.