In un articolo sui numeri del Coronavirus, il primo da tenere in considerazione è il numero 14. Ieri sono scaduti i primi 14 giorni da quando è stato rivelato il caso del “paziente 1” di Codogno e quindi un tempo utile per capire alcune cose. Quattordici giorni è il tempo essenziale per calcolare un possibile contagio. Infatti “il collegamento epidemiologico – si legge sul sito del ministero della Salute – può essere avvenuto entro un periodo di 14 giorni prima o dopo la manifestazione della malattia nel caso in esame”. Con i dati di ieri, quindi, qualche idea possiamo farcela.
Idea parziale, basata su numeri che vengono disposti su un foglio bianco senza pretesa di scientificità. Numeri che però dicono che in Italia la progressione dei contagiati è particolarmente pesante. Dai 79 del 22 febbraio si è passati a 157 il secondo giorno, 322 il quarto, 650 il sesto, 1128 l’ottavo giorno. Fino a qui un raddoppio ogni due giorni. Poi si è passati a una progressione un po’ più lieve: i contagi complessivi sono raddoppiati dopo 2,5 giorni, con 2502 casi il 3 marzo e i 4637 casi di ieri dicono che il raddoppio supera i tre giorni. La progressione è simile a quella cinese che è andata avanti a un tasso medio del 23% per oltre un mese.
L’andamento dei morti, invece, parte in modo più lieve raddoppiando ogni tre giorni (sono sette il 25 febbraio, 17 il 27 febbraio, 34 il 1º marzo). Dal 2 marzo si impennano e raddoppiano ogni due giorni: da 52 a 107 tra il 2 e 4 marzo e ieri arrivano a 197. Infatti, rispetto al tasso medio di letalità stimato dall’Oms su scala mondiale del 3,4% in Italia si passa al 4,25%. Se questo ritmo non scenderà, si possono stimare 3000 morti nel giro di una settimana.
Stesso dramma per le terapie intensive che dal 1º marzo raddoppiano ogni tre giorni. In questo modo si possono stimare a 900 posti il 9 marzo e a quasi 2000 tra il 12 e il 13 marzo.
Si torna però al 14. In questo lasso di tempo sono state prese misure, la zona rossa al Nord, poi le scuole chiuse e le altre che stanno sopravvenendo. Basteranno? In Cina, come abbiamo visto, la curva dei contagi inizia a scendere solo dopo il 15 febbraio e se si prende a riferimento il 20 gennaio, come fa il grafico dell’Oms, si tratta di 25 giorni. Quindi c’è ancora tempo per una crescita esponenziale.
In questo senso sono particolarmente istruttivi grafici come quello elaborato dagli studiosi Enrico Bucci ed Enzo Marinari ampiamente citati in vari riepiloghi. Il grafico applica il modello esponenziale e quindi realizza una stima applicando i tassi di incremento finora registrati. È chiaro che ogni nuovo aggiornamento con dati che smentiscano il grafico basato sull’estrapolazione comporterebbe una notizia positiva, cioè una riduzione della progressione.
Per indirizzarsi verso scenari davvero molto allarmanti queste curve di cui stiamo discutendo non dovrebbero mai scendere. È quanto sembra presupporre il sociologo Luca Ricolfi che si è spinto a immaginare “2-300 mila decessi”. E come si arriva a una cifra così terribile? Un tanto al chilo: “Ove avessimo 8 milioni di infetti (come in una comune influenza), dice Ricolfi, il numero di morti sarebbe compreso fra 160 e 240 mila”. Il punto non è che non si possano avere 8 milioni di contagiati da Coronavirus, il punto è che l’attuale tasso di letalità del 4,25% è basato sul rapporto tra i decessi e i contagiati accertati. Se davvero i contagiati fossero di più quel tasso sarebbe molto più basso. Nulla oggi induce a pensare che i malati possano essere diversi milioni, se non i numeri che riguardano le “normali” influenze. Secondo i dati degli ultimi anni, dell’Istat, in media circa il 9% della popolazione italiana contrae il virus dell’influenza. Tra il 2007 e il 2017, i morti “diretti” per influenza sono stati in media 460 l’anno; mentre le stime per i decessi “indiretti” vanno dai 4 mila ai 10 mila l’anno. Al di là delle ipotesi catastrofiche è chiaro però che il Coronavirus ne farà senz’altro di più.