Mentre la pandemia s’avvicina, su Amazon si vendono tazze, thermos, felpe, magliette, cappelli, sacche sportive, cuscini, apribottiglie, adesivi, modellini in resina, tutto griffato “coronavirus”. Ad esempio, lo shop chiamato Krissy è una miniera. A 17,85 si può acquistare un’allegra t-shirt con la scritta I survived Coronavirus, sotto al disegno di un omino stilizzato che prende a calci la molecola stilizzata. Il berretto sta a 18,45 , l’apribottiglie a 11,65. Ma la concorrenza è agguerrita, in ogni categoria merceologica. Se vuoi un gadget per ridere del virus, il catalogo di Amazon è infinito e i prezzi contenuti. Talvolta si sale di fascia: il modellino della molecola, “per l’insegnamento nelle università”, costa 124,61 . Un utente si chiede: “È buono almeno da mangiare a quel prezzo?”.
Che male c’è a guadagnare su un morbo che sta affossando l’economia? Soprattutto se si danno consigli utili. Infatti le guide contro il virus, nella categoria “libri” su Amazon, si diffondono come un contagio. Ad esempio, Coronavirus: vademecum essenziale per informarsi e prevenire. Il volume costa 8,99 , ma il lettore potrebbe restare deluso. L’avviso legale a pagina 1 dice: “L’autore non è impegnato nella fornitura di consulenza medica o professionale (…) e non è responsabile per eventuali danni dovuti alle informazioni”. L’autrice s’è impegnata, dice il testo, ma il risultato è dubbio: “Ogni tentativo è stato fatto per fornire informazioni complete e accurate. Nessuna garanzia è espressa o implicita”. Al 1º posto in classifica, tra i libri gratis del Kindle store (il negozio dei libri elettronici) c’è il titolo Coronavirus: guida definitiva per la sopravvivenza. La versione cartacea costa 7 , ma non è detto che siano ben spesi: “Si prega il lettore di consultare un professionista autorizzato, prima di tentare le tecniche descritte”.
7,6 miliardi di persone, in tutto il mondo, sono affamate d’informazioni; e non faticano a trovarle, online e in tv. Pure youtube è ricco di consigli: facile fare il pieno di click col Coronavirus. Oscillano tra le 400 e le 500 mila visualizzazioni, i video di Chris Martenson per informare sul morbo. Il ricercatore americano ha un dottorato alla Duke university e un master in Business administration alla Cornell. Il suo canale, Peak Prosperity, conta 260 mila iscritti: si può contribuire con 30 dollari al mese o 300 per tutto l’anno. Intanto, cresce il pubblico televisivo (dunque i ricavi pubblicitari), grazie alla paura dell’epidemia. Il 21 febbraio c’è il primo caso italiano: il giorno dopo la platea catodica aumenta di 300.000 spettatori, il 25 febbraio lo scarto supera il milione. Secondo l’istituto di ricerca, il 94% degli italiani cerca notizie sul virus almeno una volta al giorno; il 69% anche più spesso. L’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) il 2 febbraio ha inventato il termine “infodemia”: “Una sovrabbondanza di informazioni – alcune accurate, altre no – che rendono difficile trovare fonti e indicazioni affidabili”. 40 milioni di cinesi, secondo il Global Times, hanno guardato in diretta streaming la costruzione dell’ospedale di Wuhan, sul sito del canale all news China Central Television.
Il Coronavirus, del resto, è la prima epidemia al tempo dei social: per guadagnare like e visibilità, su TikTok e Facebook, alcuni adolescenti si sono finti malati. Thedailybeast.com ha raccontato le loro storie. Il 28 gennaio, un ragazzo di Vancouver ha postato un video dove chiamava i sanitari per un amico contagiato a scuola: 4,1 milioni di visualizzazioni e 817 mila like su TikTok. L’hashtag #coronavirus, su Instagram, ha infettato quasi 200 mila post, secondo The Independent: per lo più, giovani in pose glamour che sfoggiano mascherine. Logan Paul, 17 milioni di follower, ha lanciato lo slogan F ** k the coronavirus, con un selfie tra belle ragazze.
Mentre alcuni provano a guadagnare con i like, altri coniano monete. La criptovaluta CoronaCoin, ad esempio, aumenta di valore con il conto delle vittime; però il 20% del ricavato andrà alla Croce Rossa. Sul web, la valuta non sfonda ed è subissata di critiche. Uno degli inventori, Sunny Kemp, s’è difeso: “Alcuni temono il blocco dell’industria, quindi investono. Del resto anche l’Oms ha emesso i Pandemic bond, non è speculazione anche quella?”.
Il virus ferisce le borse mondiali, ma se il prezzo delle azioni va giù per qualcuno è una buona notizia. “Sicuramente c’è stata speculazione – dice Giacomo Calef di Notz Stucki – perché i valori calano ogni giorno del 4-5%, per poi risalire con un rimbalzo del 5%”. L’Italia rischia lo spread alle stelle come nel 2013? “Difficile muovere il prezzo dei titoli di Stato, più facile attaccare le banche, bastano pochi miliardi”. Ognuno specula come può.