Millennium

Coronavirus, la schizofrenia di Zaia e della Lega. Il reportage su FQ MillenniuM in edicola

Sul nuovo numero del mensile diretto da Peter Gomez inchieste e approfondimenti sulle tante "sfumature di verde" nel partito di Salvini. Che in queste settimane ha cambiato continuamente posizione di fronte all'emergenza epidemia

13 Marzo 2020

Attilio Fontana, in Lombardia, ha dovuto indossare una mascherina di protezione, più lugubre che rassicurante. Massimiliano Fedriga, in Friuli, è al momento un po’ defilato, anche per effetto di dati meno catastrofici, eppure si è visto ergere in una notte una barriera alle frontiere con la Slovenia e con l’Austria. Poi c’è Luca Zaia in Veneto, il più popolare di tutti i presidenti, grande affabulatore, un istinto innato per la comunicazione, una capacità non comune di dire quello che la gente vuole sentirsi dire.

Forse per questo è incespicato più volte sulle sue stesse parole durante queste due settimane. Zaia ha cominciato il 21 febbraio, dopo il primo morto, chiudendo un ospedale e un paese (Vo’ Euganeo), facendo tamponi e contribuendo al primo decreto che chiudeva le scuole. Voleva anche dimostrare l’efficienza della Sanità veneta. Ma dopo pochi giorni, scoprendo che gli imprenditori si erano incavolati, ha tirato fuori dal cilindro delle parole, la frase perfetta, persuasiva, assolutoria: “Siamo di fronte a una scandalosa pandemia mediatica”. Tutto esagerato, colpa di network, Rete e giornali.

Poi lo scivolone internazionale con quella frase (“Tutti abbiamo visto i cinesi mangiare topi vivi”) che cercava di dimostrare la superiorità dei costumi sanitari dei veneti che ci avrebbero salvato dal disastro. Inevitabili, ma postume, le scuse all’ambasciatore. L’8 marzo la presa di distanze dal governo, della serie noi non siamo come gli altri: “Stralciate Padova, Venezia e Treviso dalla zona rossa”. Ma già il giorno dopo: “Servono norme uniformi in tutta Italia”. E il giorno dopo ancora: “Chiudere tutto”. Infine: “Veneti, restate a casa”. Insomma, tutto e il contrario di tutto.

Del leghista atipico Zaia racconta un lungo reportage su FQ MillenniuM, il mensile diretto da Peter Gomez in edicola da domani, con inchieste e approfondimenti sulle tante “sfumature di verde” presenti nella Lega, dietro l’apparente leadership monolitica di Matteo Salvini. Il fenomeno Zaia è nato nelle discoteche, dove ha affinato il suo fiuto per la sensibilità popolare. Lui è entrato 25 anni fa nel Palazzo, da dove non è più uscito. Eppure sembra sempre di passaggio nelle stanze del potere. Nonostante abbia fatto l’assessore provinciale, il presidente di Provincia, il vicepresidente e assessore regionale, il ministro e continui a fare – da dieci anni – il governatore.

Una popolarità indiscussa in Veneto, costruita con una capacità comunicativa notevole. Secondo il politologo Paolo Feltrin, Zaia ha imparato la lezione dei democristiani: “Dialoga con tutti, non è estremista e tiene i contatti con il territorio, in modo moderno, utilizzando la rete”. Eppure non è tutto oro quel che luccica. L’autonomia è ancora un miraggio. La Pedemontana Veneta, la più importante opera cantierata in Italia, rischia di trasformarsi in un bagno di sangue finanziario, se e quando sarà conclusa. Dieci anni fa Zaia annunciava la conclusione entro pochi anni del Mose e siamo appena ai collaudi. E Massimo Cacciari dice: “I veneti dimenticano che il gruppo dirigente è sempre quello di Giancarlo Galan”.

Il governatore ha un’ossessione per tutto ciò che è veneto, la lingua, la cultura, la bandiera. E la presunzione che i veneti siano i migliori, a cominciare dalla Sanità. E lo erano anche quando difendeva le banche popolari sull’orlo del crac, attaccate ingiustamente da “una dittatura finanziaria governata da Roma”.

Leggi il reportage completo su FQ MillenniuM in edicola da sabato 14 marzo

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