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Coronavirus: Donald e Boris, sbruffoni al potere

15 Marzo 2020

Alla fine, il riluttante e contraddittorio Trump si è sottoposto ieri al tampone, esorcismo contro un virus a cui lui ritiene d’essere immune poiché “non manifesto alcun sintomo”

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Ed è come una rivoluzione copernicana: colui che minimizzava rischi e scenari apocalittici, costretto a un rapido dietrofront, al contrario del cinico Boris Johnson che auspica un biblico contagio, dunque non lo nega, ma lo affronta come i piloti della Raf fecero contro la più potente Luftwaffe nazista, con cipiglio spavaldo e incosciente: “Ammaliamoci tutti, così si crea l’effetto gregge, tanti malati tanta potenziale immunità”, purtroppo anche tantissimi morti, ma è il prezzo che si deve pagare per salvare il Paese e le sue strutture, Dio salvi la Regina e il Regno Unito! Fare un discorso così in America avrebbe scatenato l’inferno, perché il coronavirus è arrivato in 46 stati, perché le previsioni sono tremende, e poi ci sono notizie simboliche e di cattivo presagio: sabato mattina un’anziana è morta, viveva a Manhattan, la prima vittima nel fortino nevralgico della nazione.

Obbligato dallo staff e dalle pressioni dei media, Trump il Riluttante ha dovuto dichiarare in diretta tv venerdì 12 marzo lo stato di emergenza, esibendosi persino in un maldestro eldow bump, un saluto gomito-gomito con il barbuto Bruce Greenstein (capo di una florida azienda di servizi sanitari a domicilio per anziani connessa con 350 ospedali), borbottando “è bello, mi piace…” salvo poi tornare a stringere le mani agli altri che lo affiancavano…

Se Trump ammette dunque che la situazione è grave, Boris Johnson ha bypassato questo limite, ammettendo che oggi come oggi non ci sono risorse scientifiche per arrestare la pandemia, alla quale occorre rassegnarsi. Meglio tutti infetti. I più sani, forti e fortunati sopravviveranno. Gli altri, si vedrà. Ma non metteremo in pericolo le strutture economiche, produttive e finanziarie del Paese per tentare di vincere una battaglia già persa. Saranno mesi, forse anni di sacrifici. Quelli di Trump hanno il sapore del dollaro. Quelli di Boris, del sacrificio umano. In pieno stile Brexit. Coronavirusexit.

Il problema di Trump sono i sondaggi. E l’opinione pubblica. Il New York Times da giorni lo incalza con racconti di malasanità e di carenze previdenziali. Lo stato d’emergenza dichiarato tenta di porci una pezza. Ma Donald non ha resistito all’impulso di addossare agli altri, una volta di più, la responsabilità di un “virus straniero”.

I social l’hanno bersagliato ferocemente. Rimarcando che la Casa Bianca ha coinvolto dieci grandi aziende private, da Google a Walmart, dalla Roche al LabCorp. Chi ci guadagnerà col contagio? Trump assicura 5 milioni di test, ma se ne possono fare subito solo 500 mila. Lo “screening” via Google è mirato a chi ha i sintomi, ma chi è asintomatico? La strategia della Casa Bianca è crivellata di obiezioni. Donald ha replicato ieri con un laconico tweet: “SOCIAL DISTANCING”, distanza sociale, la prima (gratuita) precauzione, “ok, distanziati tu per primo, sino ad arrivare a… Mosca”, hanno scritto su Twitter.

Che invidia, per Boris Johnson. E per le sue atroci preveggenze: “Molti perderanno i loro cari”. Lo afferma la scienza, come ha detto il ministro della Sanità, Matt Hancock. Nella mano di poker, Boris ha carte in cui si legge che sono gli anziani i destinati al sacrificio del “gregge”: quelli che hanno più di 65 anni sono (dati aggiornati a ieri) 12.555.889, di cui 6.747.035 donne, e 19.664 sono ultracentenari. Una forte percentuale di questa fascia a rischio verrà infettata, fino all’80%. Selezione naturale: più contagiati, più probabilità di avere immuni, i quali consentiranno di controllare l’epidemia, in attesa del vaccino. La teoria è sostenuta da sir Patrick Vallance, 59 anni, Chief scientific advisor di Boris. Guarda caso, anche ex capo della ricerca e sviluppo del gigante farmaceutico GlaxoSmithKline.

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