“L’Italia sta facendo molto bene ed è un modello per l’Europa”.
Questa è la risposta data al Fatto dai dirigenti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità durante la surreale conferenza stampa di ieri a Copenaghen. Hans Kluge, direttore Regionale per l’Europa, era presente fisicamente: “Siamo in un palazzo delle Nazioni Unite vuoto – ha spiegato – come misura di contenimento del virus mediante il distanziamento sociale”. Connessi online c’erano Richard Pebody, Team leader europeo per la gestione dell’emergenze infettive e la dottoressa Dorit Nitzan, coordinatrice delle emergenze in Europa.
Dopo Newsweek, Financial Times e altri media di tutto il mondo, all’unica domanda di un giornalista italiano, tutti e tre hanno elogiato l’Italia. La domanda del Fatto era: “L’Italia sta facendo abbastanza nel rintracciare i malati e chiamare i loro contatti? E cosa suggerite di fare all’Italia?”. Per primo ha risposto Pebody: “L’Italia è il Paese in Europa che ha subito una grande estensione del contagio e c’è molto da imparare per le misure messe in campo. L’Italia ha messo in campo un approccio che mette insieme distanziamento sociale, identificazione dei casi e restrizione dei movimenti della popolazione per ridurre la trasmissione del virus e di conseguenza la pressione sugli ospedali che gli italiani hanno subito al massimo livello”. Poi Pebody ha concluso: “Sia in termini di quali misure introdurre sia di quando farlo (quel che ha fatto l’Italia, ndr) è qualcosa che il resto d’Europa deve imparare”.
Poi ha preso la direttrice delle emergenze in Europa, Dorit Nitzan: “L’Italia ha avuto un passaggio davvero veloce da pochi casi a molti casi. E noi raccomandiamo quello che l’Italia ha fatto in questo breve periodo. È stato come un incendio. Abbiamo chiesto all’Italia di identificare i primi casi in modo da tracciare la diffusione del virus. Finora è stato fatto tutto nel modo corretto”. Certo la Sud Corea ha contenuto più velocemente i numeri del contagio, ma secondo Nitzan: “dobbiamo tenere a mente la demografia dell’Italia. Ci sono molti più anziani. In Corea del Sud hanno lavorato bene, ma i casi riguardavano spesso giovani donne”.
Alla fine ha preso la parola il Direttore Regionale Oms Europa, Hans Kluge: “L’Italia è stato uno dei tre Paesi nei quali l’Oms ha messo in campo una squadra di risposta rapida. Abbiamo un team a Roma insieme all’ISS”. Poi ha aggiunto: “Voglio esprimere il mio apprezzamento al ministro della Salute, Roberto Speranza, che dall’inizio di questa emergenza, con grande trasparenza, ha condiviso con noi tutti i dati perché l’Italia è diventata la piattaforma del know how in Europa. E quello che facciamo con l’Italia non lo facciamo solo per l’Italia, ma per l’Europa tutta e per il resto del mondo. In questa logica stiamo intensificando il lavoro con le regioni che lavorano in coordinamento con la Protezione civile nazionale”.
L’Italia, insomma, è un modello e anche un caso dal quale mutuare le ricette. Dall’esperienza italiana, ha concluso Kluge “stiamo imparando ogni giorno sia nella gestione clinica, sia nel controllo sia nella prevenzione e nell’epidemiologia”.
Un giornalista olandese ha chiesto un parere sulla ricetta di moda nel Regno Unito e in Olanda della cosiddetta “immunità di gregge”. La dottoressa Dorit Nitzan è stata chiara: “Non abbiamo sufficienti prove sull’immunità di gregge e non è questo il momento per consigliare questo approccio. Questo virus ha avuto solo 12 settimane di vita nell’umanità. Non ne sappiamo abbastanza”. Quindi l’approccio giusto, hanno ribadito i dirigenti Oms è il solito: identificare mediante i test, contattare le persone che hanno avuto rapporti con i malati e ridurre il contagio”. La linea italiana.