Piacenza

Coronavirus, la casa di cura dedicata al Covid

La “Sant’Antonino” - Dal medico ricoverato a Tenerife fino all’anziano degente contagiato

18 Marzo 2020

C’è una storia, tra le tante seguite in questi giorni legate al coronavirus, che mi ha lasciato un senso di profonda inquietudine addosso ed è una storia che riguarda Piacenza. Nello specifico la struttura Casa Piacenza e la Casa di Cura Sant’Antonino, entrambe proprietà del dottore sanitario Mario Sanna, accreditate col servizio sanitario nazionale.

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I primi di marzo, una fonte mi scrive: “Il medico ricoverato a Tenerife per coronovirus lavorava nella clinica in cui lavoro. Siamo preoccupati perché nessuno si occupa di chi è stato a contatto con lui. Un paziente anziano qui per un’altra patologia è stato portato via in ambulanza. Aveva il coronavirus ed era ricoverato da un mese. La clinica Piacenza è sempre stata il fiore all’occhiello, se parlo sono licenziato”. Scopro che il medico italiano ricoverato a Tenerife è il dottor Cremonesi e che si è data notizia del suo ricovero il 25 febbraio. Nessun giornale lo collega alle due cliniche. Il 6 marzo mi reco a Casa Piacenza. Arriva la responsabile del personale Laura Cappellano e mi passa al telefono Lidia Sanna, che si presenta come responsabile della clinica. Si tratta della figlia di Mario Sanna, il proprietario delle due strutture. L’atteggiamento è ostile. Le chiedo cosa abbiano fatto dopo il ricovero del medico a Tenerife. “Ha lavorato da noi un mese fa. Ci atteniamo alle disposizioni che ci dà l’ospedale competente, quello di Piacenza. Ci sono state molte riunioni anche col nostro ufficio legale. Abbiamo interrotto la nostra attività specialistica da lunedì 24 e dato le ferie ad alcuni del personale”. Chiedo se gli infermieri e tutte le persone entrate in contatto col medico abbiano fatto tamponi. “Non è previsto, si informi”. Quindi le domando come si siano mossi dopo che hanno scoperto che c’era una persona anziana col coronavirus. “Parli con la dirigente assistenziale Nawal Loubadi”. Le chiedo se conferma il caso dell’anziano: “Sui pazienti non mi esprimo, non lo so”. Le faccio notare che in quanto responsabile della clinica, saprà se c’è un caso di coronavirus tra i pazienti. “Lavoro in struttura da un anno e mezzo, è mio padre il proprietario”.

La responsabile Nawal Lobadi mi chiama dopo poco. È ancora più ostile: “Lei chi è? Parli con la Ausl, noi non possiamo tenere pazienti infetti qui. Sì, al Sant’Antonino abbiamo avuto un episodio, la data non la ricordo, non si sa se il paziente lo ha preso da noi”. Le faccio notare che secondo la mia fonte era ricoverato da un mese. “Questo non lo sa lei, non lo so io. Parli con la Ausl di Piacenza, torni quando ha delle cose certe da dirci!”. Le spiego che chiedo solo trasparenza, non capisco perché questa reticenza. “Lei accusa le nostre strutture!”. Domando che fine abbia fatto il paziente anziano positivo. “Arrivederci, scriva al direttore sanitario!”.

Richiamo Lidia Sanna. Le racconto che la signora Loubadi non ha voluto darmi alcuna informazione. “Stiamo lavorando come dei pazzi e qui se lei viene a fare del gossip, ci turba!”. “Chiedere cosa è successo nelle vostre strutture è gossip?”. “Non sono disposta a sentirla”. “Che fine ha fatto l’anziano col coronavirus?”. “Non è più qui”. “Lo avete fatto uscire?”. “Secondo lei? Abbiamo seguito le disposizioni della Ausl e abbiamo proceduto alla dimissione, lei non ha idea di cosa parla, sarà andato in un’infettivologia”. A quel punto la signora attacca il telefono. Non c’è modo di sapere cosa sia accaduto lì dentro.

Vado sul sito della clinica, guardo l’organigramma e Lidia Sanna non risulta ricoprire alcuna carica. Sulla sua pagina fb parrebbe occuparsi di bigiotteria. La mia fonte ha paura di perdere il posto, dice che sono tutti terrorizzati lì dentro dalla Sanna e dalla Loubadi. Poi, tre giorni fa, sulle pagine fb di alcuni dipendenti, appaiono messaggi quali “La nostra cara collega ci ha lasciato le penne, non va bene un cazzo!”, “Ciao Monica sei stata sempre grande!”. Il bar della clinica Casa Piacenza scrive “Ciao Monica, abbiamo il cuore a pezzi!”. Scopro che è morta una donna delle pulizie che lavorava lì, Monica Rossi, originaria di Podenzano. Aveva la febbre da giorni, dalla clinica l’avevano mandata a casa. Aveva perfino chiamato l’ambulanza ma non era stata valutato un caso grave.

I carabinieri l’hanno trovata morta sulle scale, chiamati dai vicini. Noto un commento sotto al post del bar. È della responsabile del personale di Casa Piacenza Laura Cappellano: “Avrei potuto salvarla, non me lo perdonerò mai! Vivrò la mia vita con questa croce sulle spalle! Scusami se puoi Monica!”. Dopo poco quel commento sparisce, giusto il tempo di salvarlo. Chiamo il direttore generale della Ausl Luca Baldino, gli spiego i fatti inquietanti. “Non gestisco io quella cliniche , perché chiama me? Scusi ma quello che succede lì non è la priorità, non mi ricordo di questo anziano, ora poi il Sant’Antonino da cinque giorni è dedicato solo alla cura del coronavirus quindi tutti i pazienti lì hanno il coronavirus, ne abbiamo mandati alcuni, ora mi devo occupare di cose più serie”.

Quindi alla Ausl non interessa cosa succede nelle strutture convenzionate e “ormai lì i pazienti hanno tutti il Coronavirus”. Chiamo il sindaco del paese della deceduta, Alessandro Piva: “Viveva sola ma non era in quarantena, non so se le faranno il tampone, mi terrò informato”. Chiamo Giusy, del bar della clinica: “Noi che lavoriamo lì abbiamo una chat in cui parliamo, certo che ci facciamo delle domande, certo che ho letto il commento della Cappellano, ma non voglio parlare”.

Chiamo Lidia Sanna, non risponde né a telefonate né a messaggi. Chiamo il centralino della clinica, sento la voce della Sanna che dice “È la Lucarelli” e attaccano. La mia fonte mi dice che lì ci sono vari operatori sanitari malati, che le protezioni dei sanitari non erano sufficienti, che il caposala ha il saturimetro al dito, che stanno facendo tamponi. Che Monica non stava bene da giorni e l’hanno mandata a casa. È vero? Non lo so. So però che questa è una brutta storia e che qualcuno, in quella regione, deve andare a fondo (Stefano Bonaccini per primo), anche perché oggi quel luogo è dedicato alla cura del Covid. E “Siamo fieri di questa scelta operata con il Sistema sanitario nazionale!”, recita il sito di Casa Piacenza.

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