Parafrasando L’amore ai tempi del colera di García Márquez, riflettiamo su “La mafia ai tempi del Coronavirus”, confidando che la bestemmia dell’accostamento amore-mafia possa attenuarsi almeno un po’ se inserita in un incipit che riunisce mafia-colera-Coronavirus, quasi fossero sinonimi.
Partiamo da un primo dato: la vera e propria “economia parallela”, con guadagni giganteschi e andamento sempre in crescita, che le mafie hanno da tempo costruito. Una economia illegale che pian piano è riuscita a risucchiare nel suo gorgo commerci, imprese e forze economiche sane, frenate spesso dal fatto che osservare le regole non è come impiegare sistematicamente forme di persuasione, corruzione o minaccia, invisibili o violente a seconda dei casi. Così l’economia illegale inesorabilmente avanza e ha potuto espandersi come un’onda che si insinua dovunque. Nei fatti, libero mercato e concorrenza han cominciato a diventare scatole vuote che facilitano il massiccio inquinamento dell’economia pulita. I portafogli dei mafiosi e dei loro complici si gonfiano sempre più e gli effetti sullo sviluppo del Paese sono devastanti. Significativa l’equivalenza stabilita dal governatore Draghi: “Più legalità uguale meno mafie, e più legalità – meno mafie uguale più sviluppo”.
Su questo primo dato se ne è ora innestato un secondo: il Coronavirus, che – oltre ai danni alla qualità della vita e alla sicurezza delle persone – sta causando uno choc economico-finanziario di proporzioni preoccupanti. I fattori che vi concorrono sono molteplici: tempeste fuori controllo sui mercati; spread con massimi storici; turismo, spettacolo, cultura e sport bloccati; attività produttive industriali e commerciali sospese, sia pure con eccezioni legate principalmente alla erogazione di servizi essenziali o di pubblica utilità; fatturati al minimo; cassa integrazione e altre doverose indennità in crescita esponenziale; onerosi bonus sociali per poter tirare avanti; debito pubblico faraonico; Pil in caduta verticale, con la previsione che si arriverà a -8, se non peggio. I problemi sono poi aggravati dal fatto di essere non soltanto italiani, ma internazionali (con ripercussioni negative sull’export-import e sulla competitività del nostro Paese).
Per valutare congiuntamente i due dati (economia “parallela” e Coronavirus), va rimarcato che i mafiosi hanno nel loro Dna di sciacalli-avvoltoi una specialità, quella di ingrassare sulle sofferenze altrui. Un terreno fertile per le loro infiltrazioni è costituito quindi da tutto ciò che danneggia i cittadini e gli operatori onesti. Compreso ovviamente lo choc economico-finanziario del Coronavirus, a causa del quale tante attività ora in ginocchio dovranno poi chiudere o faranno una gran fatica a riprendersi. E quando l’emergenza sarà superata potranno risultare spolpate e senza denaro in cassa: facile preda, per pochi soldi, dei mafiosi. Forti di alcuni vantaggi “storici”: capitali a costo zero (il mafioso è straricco grazie al flusso inesauribile dei proventi delle sue attività criminali); e proprio per questo, quando rileva o intraprende un’attività economica può anche non avere come obiettivo di medio periodo il guadagno; può “accontentarsi” di controllare e/o conquistare pezzi di mercato, operando in condizioni che spiazzano la concorrenza, costretta invece per sopravvivere a guadagnare subito.
Il Coronavirus apre così nuove opportunità alle mafie e uno scenario già di per sé cupo potrebbe persino tracimare in catastrofe. Anche di qui nasce la necessità assoluta di pianificare sin d’ora e per quando la crisi sarà finita aiuti massicci (i cosiddetti bazooka economici) sul piano nazionale ed europeo; e nello stesso tempo di contrastare le mafie secondo strategie di cooperazione internazionale che muovano sempre più sulle vie del denaro sporco che si ricicla.
Guai se ci lasciassimo sorprendere! Sarebbe una iattura dare anche solo l’impressione di non combattere (o di non metterci sufficiente energia) una battaglia che per quanto difficile si può sostenere e vincere. Purché si giochi d’anticipo, organizzandosi fin da subito con un potenziamento della Dia e dei Corpi speciali delle varie forze di polizia, dotandoli dei mezzi occorrenti per attuare – insieme alla Procura nazionale antimafia – un piano articolato di individuazione e intervento sulle iniziative che i mafiosi stanno sicuramente già mettendo a punto. Con il probabile impiego di cervelli di prim’ordine “arruolati” sulle piazze finanziarie a suon di laute remunerazioni.
Dopo la caduta del Muro di Berlino, i mafiosi si scatenarono in ogni tipo di transazione economica, riuscendo ad ampliare i loro inquinanti insediamenti. Ricordiamolo, per non ritrovarci schiacciati – al tempo del coronavirus – da fenomeni che colpirebbero al cuore anche la democrazia.