Caro Direttore, siamo in un momento drammatico. Chi ha delle responsabilità deve moltiplicare l’attenzione verso coloro che direttamente o indirettamente sono coinvolti nello svolgimento della propria attività. Youtility lo sta facendo dal primo momento del dramma Covid-19 verso i nostri dipendenti con il massimo dell’impegno e della responsabilità, rispettosa di tutti i provvedimenti ed i protocolli emanati, delle previsioni contrattuali e normative in materia di rapporto lavorativo e sicurezza nei luoghi di lavoro, per tutte le principali committenti nazionali.
In relazione all’articolo apparso il 23 marzo sul Fatto Quotidiano a firma di Daniela Ranieri, come legale rappresentante della Youtility Center, mi corre l’obbligo di richiedere una rettifica, stante il tenore dell’articolo che lede certamente l’immagine aziendale e soprattutto rappresenta una realtà artata dei fatti e non veritiera, lesiva finanche del rapporto datoriale con i lavoratori che per la società sono riferimento qualificante e per i quali abbiamo la massima attenzione, tutela e rispetto.
Precisiamo che alcune della Autorità preposte hanno già compiuto verifiche ed accertamenti risultati coerenti con i provvedimenti ed i protocolli. Si segnala che Emanuele Renzi, all’interno dell’organizzazione aziendale, svolgeva il ruolo di pianificazione e controllo delle attività inbound.
Alla luce di quanto sopra ribadiamo la necessità, nel rispetto del diritto di cronaca che però deve poter tener conto della realtà dei fatti e della veridicità delle notizie, di rappresentare correttamente la posizione aziendale posto che si reputa quanto meno artato ritenere i ns. uffici “pollai”.
Fernando Giustini, legale rappresentante Youtility Center
Ringraziamo il legale di Youtility per questa lettera di smentita che non smentisce niente di quanto scritto. Potremmo ricordare all’Azienda che il 10 marzo alcuni suoi lavoratori hanno chiamato le forze dell’ordine per il mancato rispetto delle disposizioni del DPCM dell’8 marzo 2020, a partire dalla distanza di sicurezza interpersonale; e che in seguito alla morte di Emanuele Renzi i Cobas hanno presentato una denuncia alla Prefettura di Roma, al Comune, alla Asl, a Tim, a Poste Italiane, ecc., dove si rimarca “l’enorme ritardo circa l’adozione dei protocolli di sicurezza” e un comunicato con cui denunciano “l’omessa informazione del personale” e “le bugie dette ai sindacati confederali e alla stampa” in merito all’evento verificatosi, in particolare circa la presenza del lavoratore in azienda dopo la comparsa dei sintomi. E che in ogni caso la responsabilità datoriale in Italia è dettata dall’art. 2087 c.c. che dispone che “l’imprenditore è tenuto ad adottare… le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”, unitamente alla disciplina prevista dal D.Lgs. n.81/08, indipendentemente dalle iniziative che il Legislatore ha assunto al mese corrente. Con riferimento all’emergenza Coronavirus, la Circolare del Ministero della Salute 3 febbraio 2020 n. 3190 ha perimetrato le responsabilità del Datore di Lavoro rammentando che per i lavoratori degli esercizi/servizi a contatto con il pubblico “la responsabilità di tutelarli dal rischio biologico è in capo al datore di lavoro, con la collaborazione del medico competente”.
Ma visto che il tenore della lettera è semantico, specifichiamo che il termine “pollaio” identifica un ambiente “cintato e coperto” utilizzato per radunare animali da allevamento e che per traslato tale etimo può essere esteso ad ambienti di lavoro chiusi, non necessariamente anti-igienici. Tutt’altro: un pollaio deve rispettare norme igieniche stringenti a tutela della salute degli ospiti destinati a diventare alimenti. Tra queste, la capacità del pollaio suole essere ragguagliata a una superficie basale di un metro quadrato per tre polli; mentre questa proporzione è suscettibile di una riduzione per pollai ampî, non può essere ridotta oltre un minimo legale. Come l’Azienda sa bene, i suoi lavoratori operano di regola all’interno di postazioni in proporzione molto più piccole e ravvicinate, circostanza di cui possediamo documentazione testimoniale e fotografica, fino a quando non sono intervenute le forze dell’ordine. Il richiamo al pollaio non va dunque letto come motivo di dispregio, ma come monito in via analogica per tenere bene a mente che le norme sull’igiene devono essere assai rigorose negli ambienti di lavoro dove il numero di contatti interpersonali è particolarmente elevato, tanto più in un momento così drammatico.
Daniela Ranieri