La storia

Il papà del 34enne morto: “Call center sicuro”

La lettera - Il lavoratore deceduto per Covid. “Preso in Spagna, si sentiva al sicuro in azienda”

Di Guglielmo Renzi
28 Marzo 2020

Caro Direttore, inutile iniziare dal dolore della mia famiglia per la morte di mio figlio. Oggi, in cui avremmo desiderato solamente un po’ di silenzio, non possiamo permettere che il nostro dolore diventi oggetto di cronaca, per giunta inadeguata. Mai avrei pensato di dover scrivere al suo giornale – e in particolare in riferimento all’articolo pubblicato lunedì 23 marzo 2020 a firma di Daniela Ranieri, dal titolo “34enne morto: lavorava al call center “pollaio” – che strumentalizza la morte di Emanuele per insinuare ipotetiche colpe del call center per cui lavorava mio figlio.

La causa della morte di Emanuele non è imputabile alle condizioni di sicurezza messe in campo da Youtility, ha accusato i primi sintomi in rientro da un viaggio in Spagna. Fino all’ultimo, Emanuele si è sempre sentito al sicuro in azienda, quella era la sua seconda famiglia. Da pochi mesi aveva ottenuto la promozione a quadro e purtroppo non ha avuto il tempo di godersi questo successo.

Penso che la vostra categoria sia davvero preziosa. E ora che il nostro Paese deve fronteggiare un’emergenza così violenta e drammatica, il vostro lavoro acquista ancora più valore. È indispensabile avere un’informazione professionale che tenga conto dei valori del buon senso e del rispetto. A maggior ragione adesso.

Avremmo bisogno oggi di essere solidali con tutti coloro che sono, a diverso titolo, a servizio del Paese.

Gentile Signor Guglielmo Renzi, questa lettera ci addolora profondamente. Mentre non possiamo nemmeno immaginare il sentimento che l’ha determinata, sappiamo di aver scritto mettendoci al servizio di una causa giusta, che era quella di dar voce a giovani lavoratori che purtroppo non ne hanno, e non possono certo dire di aver avuto con l’azienda la medesima esperienza positiva di Suo figlio Emanuele. Nessuna delle persone che ci hanno contattato si è sentita come in famiglia nell’azienda, specialmente allo scoppiare dell’emergenza Coronavirus, quando alcuni lavoratori hanno dovuto chiamare le forze dell’ordine per veder rispettati i loro diritti. Nessuno mette in dubbio che Emanuele lavorasse in sicurezza: purtroppo non così centinaia di altri suoi colleghi. Abbiamo raccolto in queste settimane il grido di aiuto che giungeva da varie categorie di lavoratori, tra cui quelli dei call center, esposti a possibili contagi per il fatto di dover condividere spazi affollati, senza protezioni e senza potersi avvalere dello smart working, anche dopo il decreto dell’8 marzo che lo raccomandava. Il caso ha voluto che la lettera di denuncia di un operatore giungesse proprio dalla Youtility pochi giorni prima dell’evento luttuoso che ha riguardato la Sua famiglia, infatti noi l’abbiamo pubblicata in data 10 marzo. L’articolo del 23 marzo dava conto di un aggravamento dell’allarme ed era diretto a tutelare i lavoratori che ancora prestavano la loro attività nell’edificio (dove lavorano di regola circa 2000 persone), ulteriormente preoccupati dopo aver appreso la notizia mediante il passaparola e non dai loro datori di lavoro. Ci siamo fatti portavoce di colleghi di Suo figlio, Signor Guglielmo, suoi coetanei o anche più giovani, ciascuno figlio o nipote di persone magari anziane o malate, comprensibilmente spaventati dopo la notizia della tragica morte del loro collega e amico, preoccupati di non ricevere sufficienti informazioni dall’azienda, in particolare circa l’ultimo ingresso di Suo figlio nell’edificio, circostanza su cui esiste una denuncia dei Cobas. Mai abbiamo detto o insinuato che Emanuele si sia contagiato in azienda; abbiamo piuttosto segnalato che tutti i luoghi di lavoro organizzati in quel modo, senza distanze di sicurezza e in situazione di promiscuità e condivisione di microfoni, possono diventare focolai di infezione se ci fosse anche uno solo lavoratore contagiato. Non spetta a noi muovere accuse di carattere legale, che spettano a ben altre Istituzioni. Noi abbiamo il dovere di dare notizie e descrivere quello che avviene a tutti i livelli della società, e lo facciamo scegliendo di metterci sempre dalla parte dei più deboli. Ci permetta ad ogni modo di farLe le nostre più sincere condoglianze.

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