Carlo Calenda, eurodeputato eletto nel Pd, ma che poi ha fondato il suo movimento Azione, ponendosi all’opposizione del governo Conte, di fronte alla crisi da pandemia ha molta voglia di mettersi a disposizione.
Ha rivisto la sua posizione di opposizione al governo Conte?
No, ma l’approccio che ho assunto è cambiato perché sono cambiate le condizioni, anche se io non entrerei in un governo Conte.
Però si mette a disposizione?
Certo, tanto più se si pensa che in questi momenti il governo dovrebbe chiamare la più ampia compagine possibile.
Vorrebbe dare una mano? E in che modo?
Certo che voglio dare una mano. Ho mandato un progetto a Conte per organizzare un “Comitato per la ripartenza” che, come è evidente, sarà complessa e richiederà di agire. Penso a uno Steering committee, un comitato di controllo formato anche dalle opposizioni che così, in questo modo, non si deresponsabilizzano.
Con i leader delle opposizioni?
Sì, ma anche della Protezione civile, dei ministeri coinvolti per preparare la ripresa dell’attività e coordinata da un manager e un esperto di sanità con gruppi di lavoro ben precisi.
Che giudizio dà delle scelte fatte finora?
Sono l’unico politico che non ha commentato le decisioni in ambito sanitario. Ritengo che nel mezzo di un’epidemia si obbedisce e non si discute, ci sono protocolli e si applicano. Ci sono stati momenti confusi e scelte sbagliate, ma non ho la conoscenza precisa per giudicare, e penso che ci siano competenze specifiche che vadano ascoltate.
Allora qual è il problema?
Il problema, adesso, è capire come si riparte. Per questo servirebbe una chiamata alle armi da parte del governo di figure con competenze anche tecniche. Roosevelt con il New Deal ha chiamato le migliori intelligenze a collaborare e con le Agenzie federali ha fatto ripartire l’America.
Ha proposte concrete da fare?
A tonnellate. Ho subito segnalato, a proposito del decreto economico del governo, che il meccanismo della cassa integrazione non avrebbe funzionato. Ci voleva l’anticipazione bancaria così come il Fondo centrale di garanzia è troppo complesso per dare liquidità immediata alle imprese. Quello che mi sembra sia il problema principale è che si fanno norme che poi sono sganciate dall’implementazione. E ci si trova di fronte a disastri come quello dell’Inps.
Servirebbe un governo nuovo? Anche lei tifa per un governo Draghi?
Oggi sarebbe impraticabile. Sia perché nel corso dell’emergenza non si cambia il governo. E poi per l’anomalia dell’opposizione in Italia. Ma ce lo vede Draghi a guidare un governo con Salvini che magari dice “vaffa” all’Europa? Questa ipotesi mi sembra una trappola per Draghi per buttare giù Conte.
Una trappola preparata da chi?
Da Salvini e forse anche da Renzi. Se l’opposizione evolverà in modo responsabile ci si può pensare, ma al momento non se ne parla.
E che giudizio dà invece sulle Regioni?
Il Veneto ha gestito bene e Zaia mi sembra un bravo amministratore. La Lombardia ha due problemi: l’appoggio eccessivo sulla sanità privata e una dinamica rivendicativa da parte del presidente Fontana. Vedo grandi difficoltà sugli approvvigionamenti e infatti mi ero offerto di andare a dare una mano ad Arcuri. Mi è stato detto che sarebbe stato un problema politico e amen.
Per la ripartenza serviranno molte risorse. Che pensa dell’Europa?
Per il momento noi abbiamo un debito nazionale che è coperto dagli acquisti massicci della Bce. Fino a che funziona, bene, ma poi occorrerà capire come il debito diventerà sostenibile. Poi c’è il tema degli Eurobond che servono a garantire all’Europa i fondi per agire, non per finanziare l’Italia o la Spagna
Servirebbe un minimo di bilancio comune. Ma è proprio ciò che osteggiano Germania e Olanda.
Ma se si vuole costruire l’Europa quella è la strada, anche iniziando a creare forme di fiscalità comune. Se la Ue non batte un colpo, allora sarà giustificabile chi dice: ‘A che serve l’Europa?’.