“Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che rassomigliate a sepolcri imbiancati: essi all’esterno son belli a vedersi, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni putridume”. É forse questa l’unica vera invettiva che il Gesù di Nazareth pronuncia nei suoi Vangeli ed è anche quella che oggi si presta meglio per battezzare i fan di Matteo Salvini (suoi compagni di partito, giornalisti e giornaliste dalla dubbia etica cristiana ed esperti, di solito, nel denigrare i magistrati, esponenti della destra cattolica che odia Papa Francesco, parroci non di frontiera ma anzi di retroguardia nella lettura apocalittica del contagio) pronti a rilanciare sui social la sua proposta blasfema e opportunista: “Per Pasqua, si celebrino le messe aperte ai fedeli nelle chiese”.
C’è di peggio, beninteso, in questa Italia del Covid-19: a cominciare dal presidente della Regione Lombardia (anche lui leghista, non dimentichiamolo) che non perde occasione per attaccare il governo nazionale e poi ordina ai suoi concittadini di non uscire senza la mascherina. “Non si trovano” è stata la risposta unanime, anche di chi Attilio Fontana lo aveva votato, e lui subito è stato pronto a rispondere (“Usate le sciarpe o un foulard”), comunicando di fatto, proprio mentre le impone, che “tutto va ben madama la marchesa” per sostituire le mascherine: e che una sciarpa (inutile e anzi pericolosa perché trattiene il virus) è la panacea miracolosa.
Anche Salvinivuole mandare la gente allo sbaraglio del contagio e vorrebbe farlo proprio nel giorno di Pasqua, nelle chiese aperte ma senza riti e funzioni, e con una cervellotica proposta su chi e quanti dovranno usufruire di quelle messe di resurrezione ai tempi del Coronavirus: “Basterebbe che potessero farlo anche solo 4-5-6 fedeli” ha spiegato infatti il Capitano-teologo-matematico. E scelti da chi? Con una riffa padana di quelle che un tempo animavano le adunate leghiste del Pian del Re o di Pontida? Predestinati da Dio Padre e creatore di tutto? Oppure dai parroci, chiamando gli eletti tra i pochi che, ancora prima della pandemia, frequentavano le chiese?
Com’è ovvio, poi, tutto sarebbe ancora una volta possibile grazie alla distanza di sicurezza e alle famigerate mascherine, le stesse che ossessionano sia Salvini che il suo fido Fontana, ma che nella Lombardia governata dal Carroccio (e, nella sanità pubblica piegata a quella privata, ancora dagli stessi dirigenti offerti da Comunione e Liberazione e dalla Compagnia delle Opere al “Celeste” Formigoni e ai suoi memores domini) nessuno è in grado di trovare.
Ma non è Salvini il vero problema di questa pandemia ultra-cattolica alla ricerca di consensi e di alleanze. Due sono le questioni che, invece, emergono dalla “bestemmia” del capo leghista sulle messe di Pasqua. La prima riguarda proprio i “sepolcri imbiancati” che da sabato sera stanno rilanciando la proposta del “tutti in chiesa”. Qualcosa di più, e se possibile di peggio, degli “atei devoti” che, all’ombra del cardinal Camillo Ruini e nella piena complicità col paganesimo della proposta etica e sociale di Silvio Berlusconi, hanno segnato (partecipando a quell’inganno e favorendolo) forse una delle pagine più buie della storia della Chiesa italiana dal 1945.
Un progettopolitico e di collateralismo religioso, coordinato nei discreti palazzi romani dal gran ciambellano Gianni Letta, ma comunque pur sempre un “progetto”. Poi stoppato dal declino morale dell’ex Cavaliere e, non va dimenticato, dalla mancata elezione a pontefice dell’arcivescovo di Milano, Angelo Scola.
I “sepolcriimbiancati” di oggi, al contrario, appaiono più sprovveduti, ma forse addirittura più pericolosi, votati come sono soltanto al fiancheggiamento elettorale e dei consensi attorno ai “cristianismi” volgari del leader leghista. I rosari ostentati negli studi tv e nei comizi, la recita dell’Eterno Riposo nell’angiporto catodico e sacrilego di Barbara D’Urso, ora infine l’appello per le messe di Pasqua.
La seconda e ultima questione, tocca infine le reazioni della Chiesa alle provocazioni del Capitano. Quella del Papa, mediata e distante dalle miserie della politica italiana (com’è giusto che sia), è arrivata con la celebrazione della Domenica delle Palme in una basilica di San Pietro chiusa al pubblico. Bergoglio, nella messa delle Palme, ha così ripetuto una formula, “Il Signore sia con voi”, che non ha bisogno di riti, luoghi e presenze fisiche per sprigionare il suo significato capace di abbracciare tutti. Un no preciso (com’è stato sottolineato proprio nella diretta del Tg1 Rai) senza se e senza ma.
Restiamoin attesa, invece, di un parola netta da parte della Conferenza Episcopale Italiana (Cei), la più coinvolta – per territorio e appartenenza – in questa vicenda. A di là del facile gioco delle rime, questa volta è proprio il caso di dirlo: Cei, se ci sei, batti un colpo.