La sanità italiana, in trincea contro l’epidemia di coronavirus, non è stremata soltanto dai tagli di fondi degli ultimi anni. Soffre anche lo stillicidio di risorse drenate dalla corruzione, dalle creste sugli appalti, dai rimborsi gonfiati alle strutture private, dalle nomine politiche. Dal 1º gennaio 2019 a metà marzo di quest’anno sono emersi ben 134 casi di malaffare, uno ogni tre-quattro giorni. Li ha calcolati Transparency Italia, monitorando le notizie di stampa, per l’inchiesta sui “ladri della sanità” che apre il nuovo numero di FQ MillenniuM, il mensile diretto da Peter Gomez, in edicola da sabato 11 aprile con inchieste e approfondimenti sull’emergenza Covid-19 e le sue conseguenze economiche e sociali. Sprechi e ruberie portano via 13 miliardi l’anno: “Soldi che si sarebbero potuti utilizzare per mantenere più letti di terapia intensiva e salvare più vite”, commenta Davide Del Monte, direttore di Transparency Italia, che chiede di rendere più trasparenti le nomine ai vertici delle aziende sanitarie e dei grandi ospedali.
Alcuni casi restano scolpiti nella memoria collettiva, come quello di Pier Paolo Brega Massone, condannato a 15 anni per lesioni per aver praticato interventi non necessari, in attesa di verdetto definitivo per l’accusa di omicidio, per la morte di quattro pazienti. O quello delle valvole cardiache difettose impiegate alle Molinette di Torino. E l’epopea di Roberto Formigoni, presidente della Regione Lombardia per 18 anni, condannato definitivamente a 5 anni e 10 mesi per aver favorito con una pioggia di milioni alcune strutture private convenzionate, in cambio di varie “utilità” diventate celebri, dai viaggi alle cene, tutto all’insegna del lusso.
In Veneto è finito sui tavoli dell’Anticorruzione e dei magistrati l’appalto da 303 milioni di euro per il servizio di ristorazione di tutti gli ospedali della regione. In Friuli-Venezia Giulia, a ottobre è stato arrestato un imprenditore dell’assistenza agli anziani, già coordinatore regionale di FI, Massimo Blasoni, accusato di comprimere i costi offrendo servizi ben al di sotto degli standard previsti. In Piemonte ci sono stati processi persino per turbativa d’asta delle forniture di pannoloni. E nella sanità laziale il buco da 10 miliardi di euro registrato nel 2009, che ha portato al commissariamento, è stato provocato anche dalle decine di milioni di euro finiti alla celebre “lady Asl”. Il crac non è servito a molto se ancora nel 2020 i pm hanno chiesto il rinvio a giudizio di un ex dirigente Asl accusato di aver chiuso gli occhi sui lavori di manutenzione di diversi ospedali.
E al Sud? Ci si mettono pure i mafiosi. In Calabria, dove il coronavirus è particolarmente temuto per l’inadeguatezza di strutture e risorse, sono sciolte per infiltrazioni mafiose le Aziende di servizi alla persona di Catanzaro e di Reggio Calabria. Mentre in Sicilia si ricordano ancora i rimborsi d’oro che finivano nelle tasche del boss Bernardo Provenzano, tramite il prestanome Michele Aiello. È la vicenda che ha portato in carcere, molto prima di Formigoni, un altro governatore di peso: Totò Cuffaro.