C’è tensione persino a Lampedusa, abituata ad accogliere naufraghi da decenni. Il timore di molti: che gli immigrati sbarcati – poiché nessuno può sapere se siano contagiosi – complichino una situazione già estrema. Cifre alla mano, sono i migranti a rischiare di più sbarcando in Italia. E lo sanno. Il 27 marzo, in Puglia, in 44 sono sbarcati da un barcone e già indossavano le mascherine. Se l’erano procurate in Libia.
La Libia segnala 35 contagi per Covid-19 (un unico decesso). Cifre attendibili? Di certo incomparabili con quelle italiane. Le condizioni meteo migliorano, i migranti temono di infettarsi in Libia: le partenze aumenteranno.
Il governo l’ha già stabilito per decreto: l’Italia a causa della pandemia non è un porto sicuro. Tradotto: se le Ong soccorrono naufraghi in acque internazionali, senza coordinamento con l’Italia, li sbarchino nei loro Stati di bandiera. Ma i barconi partiranno. E abbiamo sia il dovere di soccorrere, sia di disinnescare il conflitto sociale. Sul conflitto sociale le destre, con Matteo Salvini in testa, possono avidamente puntare. Per accumulare consenso. Ma qui è in gioco qualcosa di più serio del consenso.
Chi pattuglia il Mediterraneo? In acque libiche, oltre alle Ong, c’è la pseudo guardia costiera libica. Poi, ogni Stato pattuglia i propri confini. Se i migranti scampano il naufragio a nord di Tripoli, ed entrano in acque italiane, hanno tre possibilità: 1) Annegano. 2) Li intercettiamo; li soccorriamo; sbarcano; sono sottoposti a quarantena e se necessario curati. 3) Sbarcano da soli dove capita; si disperdono; giungono in luoghi non attrezzati per le quarantene. Innescando conflitto sociale e gravi problemi di ordine pubblico.
E allora: il governo attivi il maggior numero di controlli via mare e via cielo; intercetti e soccorra il maggior numero di migranti; li porti in centri attrezzati; disinneschi il detonatore del sovraffollamento e dell’autogestione in Comuni senza risorse.