Il vero pericolo è che nessuna delle sue parti se ne rende conto. Se un giorno un archivista deciderà di tenere separati i documenti e le dichiarazioni rovinose della lotta politica in corso nell’anno 2020, dal materiale sulla feroce e distruttiva tempesta ospedaliera detta “coronavirus”, che ha sfoltito milioni e milioni di vite nello stesso anno, negli stessi giorni, questo archivista sbadato persuaderà i posteri che qualcosa è sbagliato nelle date o nelle narrazioni o nei documenti. Nessuno si abbandonerebbe al tipo di lotta politica in corso (vedi votazioni al Parlamento europeo) mentre continua a infuriare una strage di contagi e infezioni, come quella detta “coronavirus”, valutata in momenti sbagliati e numeri sbagliati, su scala a quanto pare non misurabile. Nessuno affronterebbe con dichiarazioni sparse, grande fatica, grande disordine, grande sacrificio, errori paurosi, la più grave infezione nella storia del nostro tempo. È comprensibile che medici e malati non si occupino della politica, semmai aspettano aiuto. Però prendono o accettano decisioni politiche come se fossero normali e dovute, tipo il progetto di eliminazione dei vecchi. D’altra parte la politica presta una sorta di attenzione amministrativa alla pandemia, formando e sciogliendo commissioni, cercando incaricati che portino il problema insolubile via dalla scena, e disputandosi ruoli e nomine come in un normale giorno di politica, in cui anche le mascalzonate sono ammesse pur di segnare un punto alla tua parte. Ecco la storia un po’ assurda che stiamo vivendo. Due campi, contagio e politica, totalmente separati e nettamente incompatibili si fanno guerra mentre il contagio continua.
C’è qualcosa di antico e quasi mitologico in questa guerra, che non assomiglia all’ultima, crudele ma logica, guerra mondiale, piuttosto a un caparbio confronto fra poteri che non vogliono riconoscersi. Un segnale grave di questa reciproca indifferenza è la strage dei vecchi. Per difendersi dalle accuse della politica gli amministratori di ospedali e di medicina hanno avuto l’idea di diminuirne drasticamente il numero dei vecchi, facendo in modo di non contare i morti. Per non apparire impopolari sui non (o non ancora) contagiati, i politici hanno spinto alla strage, non per complicità ma per segnare i punti (in apparenza meno morti e più guariti) nella tabella della politica. Una frase che sembra preludere a un possibile armistizio è “il ritorno alla normalità”, detta anche “riapertura” o “ripartenza”. La tre frasi non hanno senso. L’Italia proviene (tutta la sua politica, ma anche la sua economia) da un lungo periodo di anormalità fondata sul danno che si può fare al nemico del momento, e sul danno che si può fare (e fatalmente ricevere) dall’Europa di cui siamo membri fondatori. Veniamo da anni di caccia esclusiva al migrante, che non era e non è malato e che oggi ci mancherà per il raccolto della vasta produzione di frutta, e ci è servito nei servizi d’emergenza (trasporti, consegne) del Paese malato. Noterete che mentre esistono dettagliate strategie sul come far fallire, in Italia o in Europa, il progetto, qualunque sia, del nostro avversario politico, non esiste e non è stata pensata alcuna strategia di presunto ritorno alla normalità. Molti treni e tram semi vuoti? Misurazione visiva delle distanze fra esseri umani nelle strade e nei luoghi di lavoro? Squadre di controllo dotate di preparazione e modalità di controllo per servizi religiosi lieti o tristi? Espedienti di controllo o nuovi prodotti di disinfezione, per bar e ristoranti? Regole per la vita nelle scuole e i giochi di gruppo? Nulla di tutto ciò sembra avere occupato l’attenzione della politica, che sembra incline a non notare quanto avviene nel campo del contagio.
E nel campo del contagio, notiamo irritazione, protesta e denuncia per la mancanza persistente, prolungatissima, di strumenti minimi di protezione (a cominciare dalle mascherine) ma nessuna iniziativa di rapporto diverso sia con i pazienti sia con coloro che aspettano di sapere se sono “pazienti” e cercano istruzioni sul che fare. Il numero di medici morti è una tragica notizia sulla sanità italiana, il caos delle quarantene mostra un curioso e preoccupante fenomeno. Da un lato è un ordine e una necessità, dall’altro un fai da te, ti conti i giorni da solo e decidi a buon senso. Il caos dei controlli moltiplicati, tipo il prelievo del sangue e il tampone in macchina, pongono paurosi problemi di legittimità (chi mi può prelevare il sangue?) e di fattibilità (dove va a finire il mio tampone fatto in strada? Chi mi ritroverà per comunicarmelo?). Le due guerre, contagio pericoloso e politica distruttiva, sono impetuosamente in corso su strade separate e non comunicanti, Così avviate non portano a ragionevoli vie d’uscita. Che sia questa la “normalità” a cui siamo destinati a tornare?