Dall’alto del mio divano non mi capacito e mi unisco alla protesta che dalle poltrone e sofà dello Stivale si leva, indignata, dopo le ultime comunicazioni di un premier (che nessuno ha eletto) e che esercita il suo mobbing nei momenti più divisivi: la sera tardi (quando caschiamo dal sonno), o alla mattina (quando non siamo ancora svegli), o al pomeriggio (pennica), fino all’ultima provocazione, nell’ora più sacra della cena.
All’unisono insorgono industriali, vescovi, maturandi, orfani e vedovi di Draghi, congiunti non consanguinei, amanti ritrovati e perduti, anziani e badanti, bagnini, macchinisti, fuochisti, facchini, affini, collaterali, uomini di fatica. Baccaglia contro Conte la ministra italoviva Bellanova (stai bonina, l’ammansisce il sempre responsabile Renzi “che i conti li faremo alla fine”), mentre nell’arenile di Giletti si agitano, ma tu guarda, forconi e marce su Roma.
Allora mettiamola così, se il compromesso tra riapertura graduale e virus che cova sotto la cenere fa tanto schifo, se il popolo dei sopracciò invoca decisioni nette e irrevocabili e basta scienziati pappamolla, si può sempre scegliere tra tre opzioni.
Cura Donald Trump: una bella endovena di varechina e oplà il coronavirus (alimentato dalla solita propaganda liberal) non c’è più.
Governo Lotito: “Mi chiamano Lotito lo scienziato, ai cosiddetti esperti ho spiegato la natura del virus, ho studiato medicina e pedagogia, a un medico ho detto che andava bene per fare il professore di chitarra e mandolino” (Repubblica).
Infine (purtroppo seriamente) c’è la soluzione Macron: che contro il parere degli scienziati annuncia la fine quasi totale del lockdown e la riapertura delle scuole. Una scelta indubbiamente di polso, ma tutta giocata sulla pelle dei francesi. Del resto la roulette non l’hanno inventata loro?