Un decreto “aiuta-tutti”. Nella sua forma “monstrum” dal punto di vista della quantità dei soggetti coinvolti, delle risorse messe in moto, dei provvedimenti normativi attivati, riesce ad andare dalla regolarizzazione dei migranti fino alla sospensione dell’Irap alle imprese.
La difficile marcia del governo Conte nella Fase 2 è intrapresa all’insegna di un interclassismo dal sapore antico e dalle proporzioni inusitate, come inusitata è la misura della crisi. Stavolta si è voluto arrivare a tutti, ma proprio tutti (almeno alla prima lettura del testo, ci saranno senz’altro dei buchi) ed è questo il bilancio attivo di Conte e Gualtieri.
La sospensione dell’Irap concessa al neo presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, che pure chiedeva l’abolizione, è un chiaro segnale che in questo aiuto generalizzato deve starci anche la categoria più forte. E per le imprese il piatto è davvero ricco mentre, a voler essere puntigliosi, misure come il Reddito di emergenza lasciano delusione: pochi 400 euro (800 se due persone) complicato il requisito dell’Isee e troppo breve il periodo individuato, un anno. Ma comunque è una misura che si affianca al Reddito di cittadinanza, al reddito di ultima istanza, ai bonus agli autonomi o a quello per lavoratrici domestiche.
“Non è solo un decreto sociale, ma economico” dice Giuseppe Conte nella conferenza stampa serale. La specificazione mira a riequilibrare l’immagine di un governo sbilanciato a sinistra e verso il lavoro. Accusa pretestuosa, ma che ha sortito degli effetti concreti.
Un enorme provvedimento tampone, quindi, inevitabile vista la fase e che pone il nodo del futuro. Non si può pensare al medio periodo solo con il metodo “aiuta-tutti” reso possibile grazie all’esplosione del debito. Qualche scelta andrà fatta. Da questo punto di vista si capisce meglio l’offensiva di Confindustria per condizionare le mosse del prossimo periodo. In cui il nodo del debito dovrà essere guardato in faccia. Lo ha fatto Ferruccio de Bortoli, ex direttore del Corriere della Sera nel supplemento economico di quel giornale lunedì scorso, per dire però che ci aspettano scelte dolorose.
Ed è il nodo che sta dietro al dibattito sulle risorse europee – Mes, Sure, Recovery fund – che a oggi sono immaginate tutte in funzione dell’aumento del debito. Bisognerà inventarsi qualcosa sul piano della finanza pubblica e del ruolo della Bce. Ma occorre pensare a qualcosa anche per il rilancio dell’economia reale.
Nel Def presentato al Parlamento si sostiene che “il debito pubblico dell’Italia è sostenibile” e che il rientro verso la media dell’area euro “si baserà sul rilancio degli investimenti, pubblici e privati, grazie anche alla semplificazione delle procedure amministrative”.
Questa linea strategica, l’unica che siamo riusciti a rintracciare finora, non sembra garantire, vista la realtà italiana, chissà quali recuperi. I riferimenti, che pure ci sono all’economia verde e circolare o al Green Deal, al momento fanno i conti con risorse davvero scarse.
Dopo l’emergenza, dopo il mega-tampone di ieri sera, Conte è riuscito a ricompattare la maggioranza, come dimostra il giudizio di Luigi Di Maio – “è stato un grande lavoro di squadra” – e come ha mostrato la conferenza stampa in cui hanno preso la parola un ministro per ogni forza politica che sostiene l’esecutivo. Ma il futuro del governo e dello stesso Conte, al di là del complesso dibattito parlamentare che si annuncia, dipenderà dalla capacità di una visione politica di respiro.