Non c’è solo il distanziamento sociale. C’è anche il “distanziamento” che il virus ha imposto alle cure oncologiche e alle normali strategie di prevenzione. “Quella del tumore al seno è però un’emergenza sanitaria permanente, non va a ondate”, spiega il professor Riccardo Masetti, direttore del Centro di senologia della Fondazione Policlinico-Universitario “Gemelli” di Roma. Due milioni di donne nel mondo si ammaleranno nei prossimi 12 mesi. Non ci sono vaccini né cure miracolose per questo. E seicentomila saranno quelle che, sempre nei prossimi 12 mesi, moriranno: il doppio delle vittime del Coronavirus, a oggi. La pandemia sta monopolizzando tutta la nostra attenzione. Ma qui rischiamo di tornare indietro di vent’anni…”.
A volte ci scordiamo che il cancro inizia e finisce con le persone. I medici curano le malattie, ma curano anche le persone, e questo presupposto della loro vita professionale, a volte, li trascina al tempo stesso verso le une e verso le altre. Quella del prof. Masetti è una chiamata alle armi. Contro “l’onda lunga” del virus: l’impatto che la pandemia avrà sul mondo oncologico, come su quello delle patologie croniche o della salute mentale. “E noi non conosciamo quanto lunga sarà quest’onda, se e quando si fermerà… Sappiamo che tutti gli screening sono fermi. Bloccati i programmi di prevenzione per la mammella per le donne fra i 45 e i 75 anni, le mammografie, i pap-test… E, per questo tipo di tumore, la diagnosi precoce è fondamentale: intercettarlo in tempo aumenta le percentuali di guarigione, e ne riduce la mortalità. Al Gemelli siamo riusciti a proseguire con l’attività chirurgica, ma le visite di controllo e i follow-up son stati ridotti del 50-60%. Tutti i nostri ambulatori sono ancora chiusi, tranne che per casi urgenti”.
È così che il Covid-19 diventa un amplificatore per tutte le angosce, le paure che già accompagnano una donna con un cancro al seno. “C’è una ferita, non solo fisica, che un tumore del genere lascia”, ricorda Masetti. “Chi sviluppa una malattia oncologica in generale, e in particolare al seno, deve fare i conti con le ricadute a livello relazionale, sessuale, lavorativo, sociale. È una malattia a doppio impatto. Una miscela che col virus può diventare esplosiva”.
I pazienti oncologici non sono tutti uguali. Hanno personalità e temperamenti differenti. E possono trovarsi a fronteggiare l’emergenza Covid-19 in diverse fasi della malattia tumorale. “Ma a risentirne sono stati in molti, se non tutti. O perché si sono genericamente accresciute le ansie, o perché si sono confrontati con problematiche di lavoro, o perché durante le cure non hanno potuto contare, causa limitazioni ai contatti e agli spostamenti, sulla ‘squadra di supporto’ di parenti, amici e partner. In un momento così delicato vengono a mancare il calore, la fisicità, il supporto emotivo delle parole, gli abbracci…”. È nata così l’idea di sottoporre, a fine marzo, in pieno lockdown, un questionario a donne che tra il 2019 e il 2020 hanno scoperto di avere un tumore al seno. Le risposte sono alla base di una studio pubblicato da Masetti e la sua équipe su The breast journal. In media, le donne intercettate dal questionario hanno 56 anni (il campione era dai 30 agli 86 anni). Tutte in attesa dell’intervento chirurgico: chi avendo già finito il ciclo di chemioterapie, chi ancora no. Una donna su due confessa di sentire più paura e ansia ora, con la pandemia, di quando si è trovata ad affrontare la diagnosi di cancro. Per il 72%, a dominare è la preoccupazione per il rallentamento che i trattamenti e le cure subiscono. Nel 50% dei casi, Covid-19 ha amplificato la paura che il cancro si porta dietro. E una donna su due afferma di sentirsi più sola nell’affrontare le cure.
È anche per combattere questo generale senso di isolamento, dopo che il mondo ti è crollato addosso, che è nata la Race for the cure, la più grande manifestazione al mondo per la lotta ai tumori del seno. Per il prof. Masetti, un “quarto figlio”. Race che quest’anno – per la prima volta dopo vent’anni – non si correrà, causa Covid. Proprio dopo che nella scorsa edizione, a Roma, si è raggiunto il record di iscritti: 81mila, tra cui quasi 7mila “donne in rosa”, ovvero donne che hanno avuto il cancro al seno e che, indossando una maglietta o un berretto di colore rosa, diventano “ambasciatrici della prevenzione”. “È grazie alla condivisione dell’esperienza della malattia – spiega Masetti – che nella Race le donne si danno forza l’una con l’altra e non hanno paura di mostrarsi. E anche per noi tutti è un momento bellissimo, il culmine di tanti sforzi e progetti”. È difficile vederlo buttarsi giù, “il prof”. È un’entusiasta di natura, un vulcano di idee ed energie. “Ma un po’ triste lo sono. Non poter festeggiare quest’anno assieme, perdersi la parte più bella di quelle giornate per preparare la Race, tutta la gioia delle donne accompagnate ognuna dalla propria squadra di supporto… È vita”.
L’obiettivo più importante resta quello di sostenere le tante che stanno vivendo percorsi terapeutici. E continuare a raccogliere fondi (la Komen Italia è riuscita finora a investire oltre 18 milioni di euro, la gran parte raccolti grazie a 56 Race corse in 7 diverse città, con cui sono state finanziati 850 nuovi progetti di prevenzione e supporto alle donne operate, 250 premi per giovani ricercatori, 276 associazioni). Ecco perché Masetti, con tutto il suo staff medico e coi volontari della Fondazione, ha deciso di organizzare ugualmente la Race for the cure ma virtuale, a distanza: una maratona live che, a partire da oggi alle 15, sui canali social di Komen Italia (e sul nostro sito ilfattoquotidiano.it), vedrà uniti personaggi del mondo delle istituzioni e dell’arte, della cultura e dello sport. Tutti insieme per aiutare a tenere alta la guardia nella lotta ai tumori al seno. “In questo momento, la fragilità economica porterà a distrarsi dalla cura della salute. Lo sappiamo bene noi che portiamo le nostre ‘carovane della salute’, per gli screening gratuiti, nelle periferie, al Sud, nei centri di accoglienza… Questa fascia di persone fragili economicamente e socialmente si sta ingrossando. Ecco perché dobbiamo fare ancora di più, anziché di meno. Perché noi non correremo, ma i tumori del seno sì: non si fermano con la pandemia”.
Capita spesso così. Sembrano per un po’ lasciarti respirare, i tumori. Come il virus. Poi d’improvviso l’apnea può tornare. “Prolungare le vita, non eliminare la morte”, scrive Siddharta Mukherjee nel suo L’imperatore del male: una biografia del cancro. “È solo ridefinendo il concetto di vittoria che possiamo vincere la guerra”. Anche e soprattutto grazie alla prevenzione.