Una barzelletta. Una storia grottesca. Con questi termini Antonio Boccuzzi, l’ex operaio sopravvissuto al rogo dello stabilimento della ThyssenKrupp a Torino il 6 dicembre 2007, per il quale morirono sette suoi colleghi, commenta la notizia diffusa da Radio Colonia, emittente del Nord Reno-Westfalia: Harald Espenhahn (sopra in foto) e Gerald Priegnitz, i due manager tedeschi condannati in via definitiva il 13 maggio 2016, sono ancora liberi nonostante a febbraio il Tribunale regionale superiore di Hamm abbia respinto il loro ultimo ricorso.
Devono scontare cinque anni di carcere per omicidio colposo, incendio doloso e omissioni di misure antinfortunistiche, pena massima prevista in Germania per questi reati, ma manca un ultimo atto: per via della ridotta attività giudiziaria durante la pandemia, non è ancora stato emesso l’ordine di presentarsi in carcere. Secondo la procuratrice e portavoce del tribunale di Essen, Anette Milk, questo documento sarà trasmesso nelle prossime settimane. Nel frattempo Espenhahn e Priegnitz hanno chiesto una misura detentiva simile alla semilibertà. Se la loro richiesta fosse accolta, potrebbero uscire dal carcere il giorno, rientrare in cella la notte (con una sorveglianza leggera) e passare i weekend in famiglia. Per la legge tedesca, spiega Radio Colonia, potrebbe giocare a loro favore il contratto di lavoro con la multinazionale dell’acciaio ThyssenKrupp.
“Questa sentenza si sta tramutando in una barzelletta”, ha dichiarato Boccuzzi. “Sono passati 13 anni, ma per noi il dolore è sempre quello. Io non sentirò più la voce di mio figlio, i suoi baci. Sono degli assassini, ma come fanno?”, ha dichiarato Rosina Demasi, madre di Giuseppe, morto a 26 anni per l’incendio. Sui ritardi nell’esecuzione della sentenza la Corte europea dei diritti dell’uomo ha aperto un procedimento contro l’Italia e la Germania.