Questa politica rischia di fare più danni del Covid”, dice Carlo Bonomi in una rilevante intervista a Repubblica. E sentendo il leader degli imprenditori italiani parlare come l’avventore qualunquista di un’osteria viene in mente Antonio Gramsci e il suo “sovversivismo delle classi dirigenti”: sovversivi “dall’alto” e sovversivi “dal basso” contribuirono attivamente alla vittoria del fascismo.
Bonomi è un democratico liberale, sia chiaro (non lo era anche Giolitti?) ma il suo populismo alla Salvini, calato “dall’alto” è inquietante. “Ingeneroso” lo definisce Roberto Gualtieri che, dopo avergli concesso quasi tutto, deve inghiottire l’amaro boccone delle critiche ad alzo zero. Come molti predecessori, del resto, anche Bonomi preferisce sputare nel piatto che gli è stato apparecchiato (vedi l’abolizione dell’Irap). E a mettere le mani avanti con gli operai: al termine del blocco stabilito dal governo infatti si preannunciano licenziamenti massicci. Del resto, spiega, “i posti di lavoro non si gestiscono e non si creano per decreto”.
La politica “come il virus” per Bonomi è quella che “da decenni aumenta la spesa corrente” perché corrisponde a un “dividendo elettorale” a scapito di infrastrutture, ricerca, sostenibilità ambientale, sanità. In attesa di conoscere gli interventi di Confindustria per la sostenibilità ambientale e la centralità delle cliniche private nella lotta al Coronavirus, vediamo qualche dato.
La spesa pubblica italiana (tabelle del Dipartimento della programmazione economica) era al 54% del Pil nel 1992 ed è al 49% nel 2019. Era precipitata al 47% nel 2006, ma la crisi del 2008 e la caduta vertiginosa del Pil italiano (-5%) in un solo anno, l’ha fatta rialzare improvvisamente, così come è accaduto alla spesa corrente al netto degli interessi che, comunque, dal 43% del 2014 sta viaggiando verso il 41%. I redditi da lavoro dipendente della Pubblica amministrazione contavano il 12% del Pil all’inizio degli anni 90 e oggi sono tra l’8 e il 9%. Gli investimenti privati e pubblici, dopo la gelata dovuta alla crisi economica sono ricominciati a crescere dal 2013, sia pure molto lentamente. Nel frattempo, istruzione, sanità e ricerca sono rimaste al palo. Ma la polemica a Bonomi serve semplicemente per attaccare il Reddito di cittadinanza in nome della lotta ai navigator e in ossequio alle “politiche attive”. Peccato che l’inutile navigator sia stato creato proprio per le politiche attive mentre l’esperienza ha ormai dimostrato che lotta alla povertà e politiche attive vanno tenute distinte.
Poi azzanna il decreto liquidità, i “soldi a pioggia”, la “follia” di far anticipare la cassa integrazione alle aziende. I soldi a pioggia, guarda caso, sono sempre quelli che servono a far campare la povera gente mentre quelli per le imprese sono sempre “iniezioni di liquidità” di cui non occorre rendere conto. In ogni caso sui 155 miliardi che il governo ha messo in movimento con i vari decreti almeno 87 sono andati alle imprese. Le responsabilità delle banche nella lentezza dei finanziamenti sono state ammesse anche dall’Abi. Sulla cassa integrazione l’Inps ha annunciato proprio ieri di aver ricevuto 1.176.614 di effettive domande e di averne pagate 923.026, mentre gli anticipi da parte delle imprese costituiscono la norma. Per quanto riguarda i finanziamenti alle grandi imprese, quelle da presentare alla Sace, un buon terzo, 6,3 miliardi, sono stati monopolizzati da Fca che ha ricevuto il via libera due giorni fa, mentre le piccole aziende aspettano. Anche quelli soldi a pioggia? E l’Irap, annullata per il 2020? il rinvio delle tasse, il credito di imposta al 60% per i canoni di locazioni, i finanziamenti a fondo perduto per 10 miliardi? Certo, quando Bonomi attacca il Parlamento che chiude ad agosto ha gioco facile, ma annunciando che “Confindustria resta aperta” non si capisce se prometta un favore o una minaccia.
Ce n’è anche per il sindacato a cui dice che il contratto nazionale ha fatto il suo tempo, ma il meglio lo da quando risponde alla domanda: “Quanti errori avete commesso?” “Uno, il Sud”. E sembra quel Fonzie di Happy Days che non riusciva a chiedere scusa. Infatti non ce la fa a nominare Antonello Montante, ex leader di Confindustria Sicilia che nel 2019 è stato condannato, in primo grado, a 14 anni con queste motivazioni: “Motore immobile di un meccanismo perverso di conquista e gestione occulta del potere che, sotto le insegne di un’antimafia iconografica, ha sostanzialmente occupato, mediante la corruzione sistematica e le raffinate operazioni di dossieraggio, molte istituzioni regionali e nazionali”. Altro che virus.