Lui che è una mitraglia, lui che scherza, sorride, ironizza e attacca; lui che di solito è il re della metafora, di metafora ne spara una sola, e solo alla fine della chiacchierata: post quarantena è più Alessandro Aleotti che J-Ax, ma da J-Ax ha comunque appena pubblicato Una storia assurda.
È un uomo migliore o peggiore dopo il lockdown?
Sono andato a fasi alterne, ma spero di essere migliore: certe cose che prima, nella mia vita, avevano un’importanza grande, adesso le ritengo più futili; comunque ancora oggi vivo come se ci fossimo dentro.
Cioé?
Fa piacere tornare a certe abitudini, ma non ne siamo ancora fuori, aspetto il giorno in cui verrà definitivamente debellato per capire chi sono diventato; (ci pensa) nel frattempo sono cresciuto.
Sotto quale aspetto?
I problemi sul lavoro possono risultare importanti ma non fondamentali, mentre di fondamentale c’è solo la vita, continuare a vivere.
Cambio di priorità.
Alcune sì.
Ha cantato dal balcone?
Il mio palazzo sì, io no: quel giorno mio figlio dormiva (ha tre anni); (silenzio) quella era la prima fase della quarantena, e anche io ero pieno di coraggio, di ottimismo; anche io mi ripetevo “ne usciremo migliori”, poi ho passato un momento di depressione.
Up e down.
Questa situazione ha fatto emergere quello che siamo.
E chi siamo?
C’è una minoranza di persone straordinarie e una maggioranza di analfabeti funzionali, di giornalisti incapaci o gasati dal proprio appeal, di politici in grado solo di approfittare, di creatori di fake news.
Così ribalta la narrazione dell’italiano buono e bravo.
In realtà siamo stati buoni e bravi perché abbiamo seguito le indicazioni, mentre sono stati meno buoni e meno bravi i decisori; per fortuna ci sono stati giornalisti come Selvaggia Lucarelli, un faro nella nebbia, lei mi ha sorpreso.
L’aperitivo sui Navigli.
A quella notizia credo relativamente: sono un po’ appassionato di foto e a seconda di come si piazza la macchina fotografica, si alterano le distanze. La colpa non è dei ragazzi, piuttosto parliamo della tragedia delle Rsa, dello scandalo dell’ospedale in zona Fiera o dei mancati tamponi in Lombardia
Quindi…
La storia dei Navigli al limite è un pomeriggio, e non tramutiamolo in un capro espiatorio facile per parlare alla pancia della gente e colpevolizzare i giovani. Le questioni sono altre e ben più gravi.
Travaglio mette la seconda ‘l’ di Gallera tra parentesi.
Come al solito mi trova d’accordo con lui e la storia dello “0,50” è la barzelletta dell’anno; (cambia tono) posso parlare di Gallera e Fontana fino a diventare blu, ma in questo momento è un insulto verso i 35mila morti e le loro famiglie, sentire un artista pontificare: non sono io quello con l’autorità di parlare, e mi sento empatico con chi ha vissuto questa quarantena in un monolocale, magari in sei in pochi metri quadri e vedeva il miliardario che dispensava saggezza dalla sua villa con piscina.
Vasco ha dichiarato: “Sono privo di ispirazione”. Lei è uscito con un lavoro…
Avevo già dei singoli pronti, ma quello che esprimevo in quelle canzoni nasceva da un’epoca differente, invece sono riuscito a creare musica narrando quello che stava accadendo e mi è servito per uscire della depressione nella quale ero caduto. E ringrazio chi sui social mi ha spronato: i produttori Takagi e Ketra, anche loro a chiedere “la mia positività”.
È la seconda volta che parla di depressione.
(Sorride) Qui parto avvantaggiato: già di mio, a prescindere dalla pandemia, sono paranoico, e da quando è iniziata la quarantena non ho mai dovuto comprare la carta igienica perché ho da sempre le scorte; tutto quello che non scade, lo accumulo, sono sempre pronto, ho la mentalità del survivor.
Perfetto.
Ma quando ho visto il picco, per la prima volta non mi sono preoccupato per me stesso ma per i miei affetti e il resto del mondo; poi pensavo ai giovani, ai bambini, e questo mi ha mandato in sbattimento.
Per lei, no.
Della mia vita non mi posso lamentare, ho visto e fatto di tutto, mentre non è giusto per chi la sua esistenza non l’ha ancora assaporata in pieno; per questo sono entrato in paranoia.
Riflessioni da genitore.
Non lo so; in più avevo perso fiducia, avevo la sensazione che ogni mio contributo potesse risultare futile, non necessario, mentre con questo brano mi è mutata la prospettiva, ha la sua utilità e non l’avrei mai pubblicato un mese fa.
Ha giocato con suo figlio?
Tutto il giorno; (torna a prima) se questo periodo lo avessi passato da solo, forse non mi sarei dato questa mossa, mi sarei crogiolato nella disperazione.
Sui social ha scritto qualcosa di simile quando è morto il suo gatto.
Sono un asociale e l’amore incondizionato di un animale dà la svolta alla vita.
Lei asociale?
Sì, e lo scrivo anche nella canzone, “il mio odio per la gente è sparito come i no vax”, e spesso non ti accorgi di quanto è importante una casa fino a quando non te la tolgono.
Cosa ha letto?
Ho guardato tantissime serie tv e il libro di Big Fish, Il direttore del circo. Come sopravvivere alla musica; le giornate sono state veramente piene.
In particolare?
Un po’ come Roberto Benigni ne La vita è bella, mi sono impegnato per far credere al piccolo che tutto fosse normale, niente di diverso, quindi occupargli la giornate e creare un gioco da qualunque spunto.
Super lavoro.
La sera arrivavo distrutto e lì mi avvolgevano i mostri nel cervello. Questa storia ci ha tolto il respiro.
È cattolico?
Non credo in tutte le strutture religiose, però non mi sento ateo; (sorride) in realtà va a giorni alterni, e quando sono con le spalle al muro rivolgo lo sguardo al cielo, e quando le situazioni vanno bene, lo stesso sguardo è per ringraziare.
Equidistante.
Però è stato bello conoscere il Papa e l’incontro c’è stato poco prima del lockdown; comunque ho tutti i sacramenti e mi sono sposato in chiesa, forse sono solo un borghese.
Com’è Papa Francesco?
Simpaticissimo, ha un gran senso dell’umorismo.
Insomma, oggi come sta?
Sto bene, ma sono solo una parte della mia Milano; Milano è parte della Lombardia e la Lombardia dell’Italia, e da tutto questo non posso più prescindere: non mi posso salvare se non si salvano tutti gli altri.
Ma…
Quello che mi disturba di più è che siamo stati trattati tutti da bambini e nessuno ha ammesso i suoi errori o la sua impreparazione; han solo difeso la loro presunta eccellenza sanitaria, fregandosene della realtà.