L’esposto presentato il 25 giugno 2019 dall’Associazione nazionale partigiani d’Italia alla Procura della Repubblica di Roma ha portato finalmente ieri al sequestro preventivo dello stabile occupato abusivamente nel 2003 da CasaPound nel pieno centro della Capitale. La sindaca Virginia Raggi invano ne ha sollecitato da tempo lo sgombero che ora, finalmente, è all’ordine del giorno.
Impressiona la prolungata acquiescenza di cui i “fascisti del Terzo millennio” hanno goduto in una città letteralmente imbrattata di scritte e manifesti inneggianti al regime dittatoriale di cui prima la XII disposizione finale della Costituzione, e poi le leggi Scelba e Mancino, vietano espressamente l’apologia.
Nel corso di questi 17 anni non solo in troppi ci hanno fatto il callo, fingendo di non vedere. Ma gli esponenti di CasaPound sono stati ospitati in quanto firme “eretiche” su giornali liberali come Il Foglio, hanno organizzato nella sede di via Napoleone III dibattiti con giornalisti disponibili (Mentana, Formigli, Porro) e una loro esponente è stata opinionista fissa in una trasmissione di Michele Santoro.
Un’indulgenza plenaria figlia dei tempi, riservata a militanti che hanno fatto dell’intimidazione xenofoba il loro biglietto da visita, presentandosi come fautori – cito – di “un’Italia sociale e nazionale, secondo la visione risorgimentale, mazziniana, corridoniana, futurista, dannunziana, gentiliana, pavoliniana e mussoliniana”.
C’è voluto l’impegno della buona vecchia Anpi per rimediare l’inadempienza di più giunte di centrosinistra. E, va riconosciuto, l’impegno diretto di Virginia Raggi. Speriamo che sia la volta buona. Tollerare la presenza di una sede illegale preposta alla diffusione dell’ideologia fascista è uno sfregio che, nelle condizioni di grave disagio in cui versa, un Paese come il nostro non può permettersi.