Se la chiave delle fasi 2 e 3 è nelle tre “T” di tracciare, testare, trattare, le Regioni italiane nel complesso non ce l’hanno ancora fatta. I tamponi diminuiscono, specie i tamponi diagnostici che mirano a individuare nuovi contagi e a controllare possibili focolai. Il Fatto l’ha già scritto e purtroppo il calo si fa più intenso. Secondo il report quindicinale della Fondazione Gimbe, che esce oggi, i tamponi in Italia sono passati dai 265.360 della settimana dal 17 al 24 maggio ai 233.898 della successiva (25-31) con una diminuzione dell’11,4%, per poi scendere a 193.567 nella settimana dal 1° al 7 giugno con un decremento del 17,6%. Fin qui i tamponi totali, compresi i test di controllo per verificare la negativizzazione (almeno due per ciascun paziente). I tamponi diagnostici, nelle tre settimane, sono scesi da 442.052 a 431.727 e poi a 357.796, con un primo calo del 2,3% e poi del 17,1%. Quasi un tampone su cinque in meno, 73.931 test non eseguiti rispetto alla settimana precedente. Il commissario Domenico Arcuri sostiene che arriveremo a 90mila tamponi al giorno, ma la strada sembra sempre più in salita.
Lombardia, dati peggiori della media: – 18,6%
Sotto la media nazionale c’è la Lombardia. I tamponi sono passati infatti dagli 83.633 della settimana 25-31 maggio ai 68.103 dei primi sette giorni di giugno: il calo è dunque del 18,6%.
Si capisce meglio, così, la scelta del ministero della Salute e dell’Istituto superiore di sanità di non indicare i parametri dell’attività di testing and tracing nelle “pagelle” diffuse settimanalmente, l’ultima sabato 6 con riferimento ai casi rilevati tra il 25 e il 31 maggio, che rimandano ai contagi avvenuti nei 15-20 giorni precedenti (tra incubazione, sintomi, attesa dl tampone ecc…) e quindi alle prime riaperture avvenute tra il 4 e il 18 maggio, non all’indomani del 3 giugno quando è caduto il divieto di spostamenti extraregionali. Nessuno sa in tempo reale cosa accade mentre gli assembramenti aumentano.
Va bene, secondo le istituzioni, perché l’incidenza settimanale (i nuovi casi) è diminuita ovunque, così come Rt, il tasso di riproduzione del virus (che però in Lombardia torna spesso attorno a 1: ogni infetto contagia in media una persona). I contagi notificati sono diminuiti anche ieri: 202 in tutta Italia di cui 99 in Lombardia, il dato più basso da metà marzo; le vittime sono state 71 di cui 32 in Lombardia. E certamente le Regioni sono migliorate, come si leggeva nel report governativo, nella qualità dei dati: i casi per i quali è indicata la data di inizio dei sintomi – essenziale per misurare Rt – e non solo quella di notifica del tampone positivo sono passati dal 73 all’83%. Anche questo è un conteggio della Fondazione Gimbe, presieduta dal professor Nino Cartabellotta, impegnata da anni nella denuncia e dell’analisi dei tagli e dei loro effetti sulla sanità pubblica. Restano cospicui ritardi delle Regioni nella comunicazione dei dati, il che conferma: non sappiamo cosa stia avvenendo ora.
Speranza verso decreto per aprire terme e fiere
Mentre l’Ocse fa sapere che in caso di seconda ondata di contagi il Pil italiano sprofonderà del 14 per cento, il ministro della Salute Roberto Speranza annuncia un nuovo possibile decreto del capo del governo per allentare le misure restrittive su “attività ricreative-ricettive, come centri termali, parchi tematici e rifugi alpini, e di attività congressuali ed eventi fieristici”.