La ricetta è di una semplicità disarmante. Basta tenere sotto controllo i costi e i profitti, spesso plurimilionari, sono assicurati. Non si può sbagliare. Del resto la domanda è in crescita e i ricavi sono di fatto garantiti in buona parte dalla mano pubblica. È il business della sanità privata, dagli ospedali iper-tecnologici alle case di riposo per anziani fino alla diagnostica complessa, che ha visto decollare attori e numeri negli ultimi anni. Un business ricco e in cui la politica ha un ruolo determinante. Il segreto per gli operatori privati è accreditare le strutture al Servizio sanitario nazionale che così, a fronte delle prestazioni rese, paga a piè di lista garantendo gran parte degli introiti.
In questo sistema, di cui il rapporto con la politica è una delle architravi, prosperano nomi importanti: si va dalla famiglia Rotelli, che col marchio Gruppo San Donato è di fatto il primo operatore per fatturato, alla famiglia dei potenti industriali Rocca, che affiancano il loro Humanitas al business dei tubi per l’industria petrolifera con Tenaris, per finire con gli Angelucci e i De Benedetti, che hanno fatto delle residenze per anziani il perno dei loro affari sanitari.
I Rotelli. Dei Rotelli e del loro brand sotto l’egida di Gruppo San Donato il grande pubblico sa ben poco. La notorietà la famiglia la raggiunse quando divenne azionista forte di Rcs. Abituati a lavorare lontano dai riflettori, il gruppo San Donato è gestito oggi dai figli, Paolo in particolare, dopo la scomparsa nel 2013 del fondatore Giuseppe Rotelli. La società conta oggi su 18 grandi ospedali, oltre 5mila posti letto accreditati col Servizio sanitario e quasi 3 milioni di pazienti che ogni anno usufruiscono delle sue cure.
Forte in Lombardia, dove conta da solo il 14% di tutti i posti letto accreditati dalla Regione. Il colpo da maestro è stata l’acquisizione del San Raffaele di Milano, il prestigioso ospedale, simbolo del “privato di qualità” che Don Verzè aveva portato sull’orlo del crac oberato da un miliardo di debiti.
Il salvataggio del San Raffaele è stato gioco facile per i Rotelli che hanno accumulato liquidità impressionante negli anni. In cima alla catena societaria della famiglia c’è la Papiniano Spa che consolida tutte le attività: ha un attivo di bilancio di 2,1 miliardi; i ricavi consolidati sono di ben 1,65 miliardi, il patrimonio netto è di 426 milioni e il gruppo che raccoglie i 18 ospedali dei Rotelli ha cassa per ben 431 milioni. Un mare di liquidità figlia della gestione oculata del gruppo. Il solo Policlinico San Donato, l’ospedale alle porte di Milano che dà il nome all’impero dei Rotelli, ha fatturato nell’ultimo anno oltre 160 milioni con un utile netto di 26 milioni. Una profittabilità netta del 16% che la dice lunga sulla redditività dell’ospedale. L’ospedale che ha 780 dipendenti aveva cassa liquida nel 2018 per ben 97 milioni. Dai ricoveri pagati a piè di lista dalla Regione il San Donato incassa 102 milioni sui 162 di fatturato complessivo. E che la politica e le buone relazioni contino lo dice il fatto che la famiglia Rotelli ha da poco nominato presidente del gruppo Angelino Alfano, che di sanità sa ben poco, ma che i palazzi del potere li ha ben frequentati. Nel cda del gruppo e in quelli dei vari ospedali ecco comparire nomi di peso. C’è l’ex ad di UniCredit e oggi a capo di Rothschild Italia, Federico Ghizzoni, poi l’ex McKinsey Vittorio Terzi e Andrea Faragalli Zenobi ex presidente di Italo.
I Rocca. La sponda con la politica e il mondo che conta è vitale anche per Humanitas, il gruppo ospedaliero della famiglia Rocca. Nel Cda di Humanitas presieduto da Gianfelice Rocca figurano l’imprenditrice farmaceutica ed ex esponente di punta di Assolombarda, Diana Bracco ma anche Paolo Scaroni ex Eni; Rosario Bifulco, Massimo Capuano ex Borsa italiana. L’amministratore delegato l’uomo operativo dei Rocca è Ivan Colombo, esponente di punta di Cl, un lasciapassare essenziale in una Regione come la Lombardia. Humanitas è una macchina da soldi. Nel 2018 il fatturato consolidato del gruppo è arrivato a quota 920 milioni, raddoppiato in pochi anni. I margini industriali valgono 156 milioni di euro e l’utile nel 2018 è stato di 68 milioni. Più della metà dei ricavi arrivano dalle prestazioni rimborsate dal Ssn. La catena societaria dei Rocca vede in cima al gruppo Humanitas la spa Teur che ha il 93% delle quote. La catena però non si ferma in Italia: finisce (insieme ai dividendi) nella holding lussemburghese San Faustin della famiglia Rocca.
Se i Rocca e i Rotelli gestiscono strutture ospedaliere complesse e sofisticate da un punto di vista tecnologico, sia i De Benedetti che gli Angelucci hanno preferito puntare le loro carte sulle residenze per anziani: più comodo e meno oneroso. Non ci sono grandi investimenti in capitale e tecnologie, il grosso dei costi è rappresentato dal personale e, soprattutto, il business delle case di riposo vede il pubblico fornire un supporto importante. Lo Stato contribuisce a coprire i costi sanitari delle degenze e così, a fronte di rette pagate dai pazienti per la quota “alberghiera” che viaggiano in media sui 90-120 euro al giorno, i gestori delle Rsa incassano altri 40-50 euro al giorno dal Ssn. Tanto per dare un’idea solo la Lombardia nel 2019 ha speso per le Rsa 872 milioni: soldi incassati dalle oltre 500 case di riposo convenzionate con la Regione.
I De Benedetti. La creatura della famiglia De Benedetti si chiama Kos, è nata nel lontano 2002 e opera con vari marchi tra cui il brand “Anni Azzurri” e “Santo Stefano”. Il Gruppo Kos è diventata una realtà tentacolare. Presente ormai in 13 regioni italiane e 3 stati esteri, per un totale di oltre 12.800 posti letto. Kos gestisce 92 strutture in Italia e 48 in Germania. In Italia sono quasi 8700 i posti letto gestiti in: 53 residenze per anziani; 16 centri di riabilitazione; 13 comunità terapeutiche psichiatriche e 7 cliniche psichiatriche; 2 ospedali. Kos è inoltre attivo con 25 centri ambulatoriali di riabilitazione e diagnostica e 29 sedi di service per diagnostica e terapia (di cui 12 in Italia, 14 in India e 3 in UK). Sono oltre 13.700 i collaboratori di cui circa 8.900 in Italia, 6.900 dei quali sono dipendenti del gruppo. Kos ogni anno macina fior di utili. Nel 2019 ha portato a casa ricavi totali per 595 milioni di euro. Dal 2016 al 2019 i ricavi sono cresciuti del 30%. Gestendo bene i costi del lavoro che non superano il 40% dei ricavi, il margine lordo di Kos supera ampiamente il 20% del fatturato. Gli utili netti sono stati nel 2019 di 31 milioni. E negli ultimi 4 anni il gruppo ha cumulato oltre 130 milioni di profitti netti. Un business florido tanto che ci ha messo gli occhi anche il Fondo italiano d’investimento. F2i che ha come soci le fondazioni bancarie, le casse di previdenza e dulcis in fundo la Cdp, ha acquisito il 40% del capitale di Kos. I De Benedetti comandano e Cdp con altri finisce per fare il socio di minoranza. Che ci faccia lo Stato, via Cdp, nella gestione delle cliniche per anziani non si comprende.
Gli Angelucci. Anche per loro, col capostipite Antonio parlamentare di Forza Italia, il business delle Rsa con il marchio San Raffaele, produce ricchezza. Nel 2018 le cliniche degli Angelucci hanno prodotto ricavi per 105 milioni con un utile netto di 11 milioni. Su quei 105 milioni di ricavi ben 81 milioni arrivano dal Servizio sanitario nazionale, in virtù dell’accreditamento. La San Raffaele Spa vanta anche crediti con le singole Asl per 143 milioni. Un business florido per la famiglia che possiede anche Libero e Il Tempo, che compensa ampiamente le perdite nell’editoria. Gli utili che gli Angelucci fanno con le cliniche prendono la via dell’estero. La San Raffaele Spa è posseduta al 98% da una società lussemburghese la Three Sa. Ma non finisce qui perché sopra la Three ci sono altre due scatole basate in Lussemburgo. La Lantigos e la Spa di Lantigos. Due casseforti della famiglia. La stessa Three sa ha distribuito alle controllanti ben 153 milioni di riserve. Un fiume di denaro che dalle cliniche private finisce tutto all’estero.