C’è nuvolo che chiama tempesta dalle stanze di Che tempo che fa. “Adesso basta: parlo poco, ogni due anni, ma la norma ‘anti-Fazio’ approvata dal Cda mi obbliga a dire la mia”. Dallo studio di casa, circondato dai Vhs dei tempi de l’Unità, come Aristogatti, Il vigile di Sordi e Palombella Rossa di Moretti, oltre ai Telegatti vinti (“sono otto”), Fabio Fazio torna sulle accuse di tutti questi anni.
Insomma, la norma…
Trovo ogni limite superato. Qui entriamo nel campo dell’inaccettabile: da tempo mi viene riservato un trattamento che non ha eguali né precedenti.
Quindi?
Adesso basta.
Quando partì la guerra?
Tre anni fa, quand’ero già serenamente avviato altrove e la Rai mi chiese di restare. Mi scappò detto che la politica non doveva più entrare nella tv. Da allora iniziò la guerra, perché quella mia frase fu letta come una questione personale. Uno stillicidio continuo, un linciaggio senza eguali né giustificazioni.
Aveva un accordo con Discovery.
Non voglio specificare, per policy con la controparte.
Lo diciamo noi.
(Sorride) Quando sono rimasto, l’intento dell’azienda era di portarmi su Rai1, un po’ quello che aveva anticipato Freccero, definendo Che tempo che fa “il più bel programma di Rai1” quand’ero ancora a Rai3.
E…
Su Rai1 abbiamo coperto dalle 20.30 a mezzanotte per un costo a puntata di 300mila euro per la mia società, più 100mila di costi generali Rai.
400mila complessivi…
Sì, ma di solito in quella fascia va una fiction di due ore, a una media di 750mila euro l’ora.
Su Rai1 è stato due anni.
Prima del mio arrivo Rai1 faceva in media il 15,19%: con me il 16,3 il primo anno e il 15,49 il secondo. Ma solo nel 2018-’19 ho subìto 120 attacchi dall’ex ministro dell’Interno.
Li ha contati tutti.
Per l’esattezza sono 123; se vieni attaccato dal capo del Viminale, hai una vita normale e due figli da portare a scuola, non sai mai chi sono i seguaci del ministro…
In Rai l’hanno difesa?
123 attacchi, 123 silenzi. E dopo due anni il trasloco su Rai2.
Coincidenza?
No: mai avuto il numero di telefono del direttore di Rai1 (Teresa De Santis, ndr); forse non è chiaro, ma sono uscite notizie false, han ribaltato i costi di produzione attribuendomeli come guadagni: i 400mila euro diventavano uno stipendio da 12 milioni l’anno per 4 anni.
Complimenti.
S’è mossa persino l’Anac. Poi la Corte dei Conti ha dimostrato che il programma costa meno della metà di qualunque altro varietà della stessa fascia oraria.
Qui c’è un “però”…
Sono scelte editoriali, per me legittime, ma la “norma anti-Fazio” no. E non basta: hanno chiesto a tutti di ridursi il compenso, e ho accettato. Solo io, però. Sono stufo di dovermi difendere per il mio lavoro. Anche perché mi dicono che il mio programma è interamente coperto dalla pubblicità: ho chiesto i dati, invano. Ma il listino Sipra dà gli spot durante Che tempo che fa a 50mila euro ogni 15 secondi, e io ne ho 18 minuti.
Pure il renziano Michele Anzaldi è uno dei suoi nemici più costanti.
Mai conosciuto, non saprei neanche riconoscerlo per strada; trovo strano, per essere gentili, che visto il suo mestiere (è in Vigilanza Rai. ndr) dovrebbe conoscere bene la situazione, eppure è un continuo.
Ora i vertici Rai pongono un nuovo tema: chi conduce non può produrre.
Sono entrato in Rai nel 1983 con Raffaella Carrà, non avevo ancora compiuto 19 anni; quindi mi sento più Rai della Rai…
Ha superato Mike.
No, lui no. (Si alza e torna) Ecco la sedia che mi regalò lui. Chiesi: ‘Come mai?’. E Mike: ‘Perché, stai in piedi a casa?’.
Dicevamo…
Ho lavorato internamente fino al 1999, poi ho iniziato con le coproduzioni, che sono la vita stessa dell’azienda, da Fiorello ai pacchi a Ballando.
Perché auto-prodursi? Non può farlo la Rai?
Per controllare il prodotto, accade pure per Bonolis, De Filippi, Floris. La Scala ingaggia artisti da fuori. E poi potevano dirmelo prima della firma del contratto, che non si poteva. Mi sarei regolato diversamente. La Rai ha ottime professionalità, ma da azienda pubblica ha troppe regole, anche le più impensabili, che rendono impossibile la produzione interna.
Esempio?
Vai in onda di domenica, ma l’ufficio scritture chiude il venerdì. Non puoi comprare nemmeno i fiori: c’è l’Ufficio acquisti. Così è impossibile fare dall’interno programmi complicati come il nostro.
Perché fanno la guerra proprio a lei?
Risposta presuntuosa: forse non sono vissuto come un professionista della tv, ma come un avversario politico.
Frequenta politici?
Li vedo solo in trasmissione. Eppure mi riservano un trattamento che ho visto solo su Sanremo, ogni tanto su Benigni.
Un tempo pure Santoro.
Sì, ma con un programma diverso. Il problema è lo stile che porto in tv, definito “perbenismo culturale”, “buonismo”…
Torniamo agli attacchi.
Ha iniziato Anzaldi e poi il ministro dell’Interno; Carlo Verdelli, nel suo ultimo libro, ha definito la Rai “la torta nuziale della politica”. Definizione così perfetta da non lasciare spazio a soluzioni: la salvezza non può arrivare da chi la gestisce; (cambia tono) Adesso basta.
Come si traduce?
Che non accetto più certe situazioni; quando ho intervistato Macron non hanno mandato in onda gli spot, né mi hanno rimborsato il viaggio, e ho avuto un servizio del Tg2 contro.
Quindi…
Voglio essere trattato da professionista che lavora in Rai.
La piantate o mi cacciate.
Ho un contratto ancora per un anno e sto lavorando a un nuovo progetto per Rai3: una storia agiografica della tv per il 2021-’22. Ma non è scontato il prolungamento del contratto oltre la scadenza del ’21.
I politici la chiamano?
Salvini l’ho invitato decine di volte, mai venuto; la Meloni l’ho ospitata quest’anno. Ma non sento alcun decisore per gli auguri di Natale.
Con chi si confronta sul prodotto?
Con me stesso, gli autori, mia moglie…
Niente Rai.
Lì non si parla più di prodotto. Non sai con chi parlarne. Peccato, ci sarebbero tante cose divertenti da progettare.
Il suo rapporto con Salini? È lui il promotore della norma “anti-Fazio”.
Incontrato una volta quando mi ha chiesto la cortesia di passare a Rai2 e di ridurmi il compenso. E un’altra volta tre minuti a Milano.
Lei guadagna troppo.
Vengo da una famiglia di impiegati e conosco il valore del denaro: prendo 2 milioni l’anno, uno lo do orgogliosamente in tasse. So di essere fortunato, ma nessuno regala nulla; a inizio carriera prendevo 25mila lire a settimana e non mi permettevo neanche il taxi dalla stazione Termini alla Rai.
Ormai gli agenti sono i padroni dei palinsesti.
Anche qui mi tocca fare il presuntuoso: se voglio un ospite, ho la forza di non cadere nel mercatino del ‘ti do Tizio se prendi pure Caio’; in Serie A non si fanno favori, devi sempre essere all’altezza. Se un agente ha i migliori, che senso ha fargli la guerra o mettergli limiti? Se arriva quello degli U2, gli dici di farne cantare solo uno e mezzo per non sforare il tetto?
Il suo futuro?
Se lo ritengono utile, posso continuare, l’importante è non diventare un campo di battaglia né un palo di esibizione.
Ma la norma è passata.
Voglio sperare che non valga per i contratti in essere, a fine anno vedremo.
Intanto resta su Rai2?
Torno a Rai3 se c’è un accordo e un progetto, se no resto a Rai2.
Quando si decide? Fra poco annunciano i palinsesti.
(Cambia espressione) Avevo letto il 10 maggio e io credo sempre a quel che dice la Rai…