“Una battaglia a vuoto, assurda. Una forma di razzismo”. Così Alessandro Barbero, storico e scrittore, giudica l’abbattimento delle statue da parte dei manifestanti del movimento Black Lives Matter.
Professore, condivide le ragioni e il metodo di chi abbatte o danneggia le statue di colonialisti, schiavisti e razzisti?
No, non condivido. È ovvio che non ci devono essere statue di grandi delinquenti e mascalzoni che tutta l’umanità considera tali. Però quelle statue non ci sono, non c’è la statua di Adolf Hitler.
Però a Affile c’è il mausoleo dedicato al criminale fascista Graziani. Non sarebbe giusto abbatterlo?
È un caso particolare. Non si tratta di una statua in una piazza di Roma, ma di un’iniziativa recente, del sindaco del paese, di una giunta di destra. Quando ai tempi dell’Unione Sovietica non c’erano più statue di Stalin, a Gori, il suo paese in Georgia, c’era la statua di Stalin. Era considerata una gloria locale, loro ci erano affezionati, che se la tenessero pure. È un discorso delicato, ma se al paese lo vogliono sarei un po’ a disagio all’idea di un intervento dall’esterno di autorità superiori al Comune che vanno lì e lo tolgono. Certo la statua di Graziani in una piazza di Torino non la vorrei.
A chi sono stati eretti monumenti? Per quali meriti?
A personaggi che sono stati considerati, da noi o dai nostri nonni, importantissimi ispiratori e protagonisti della nostra storia. Che poi oggi si scopra che non erano perfetti, non ci autorizza a svillaneggiare i nostri predecessori dicendo “siete stati dei cretini, adesso ve la tiriamo giù perché siamo più bravi di noi”.
In merito a “Churchill razzista”, mi pare che il punto espresso dai manifestanti sia questo: il richiamo attenuante al “contesto” non tiene conto del fatto che anche allora c’erano persone che non erano razziste, per esempio gli antropologi più avanzati. Si poteva scegliere.
Erano minoranze illuminate. Tutti erano razzisti, e quasi tutti schiavisti. Socrate aveva degli schiavi, e quanto ai greci, hanno inventato loro il concetto di “barbaro”. Il fatto che una persona del passato avesse opinioni che ai suoi tempi erano ovvie e a noi non piacciono, non può autorizzare ad abbattere le sue statue.
Il punto debole delle manifestazioni è equiparare Churchill a un teorico della razza. Questo annulla la critica, appiattisce la Storia.
Appunto, se la statua fosse stata fatta a un teorico del nazismo, dicendo che comunque è stato uno scienziato importante, io direi che non ha senso. Ma la statua a Churchill non è stata fatta per le sue opinioni sulle razze. Semmai, Churchill ha dovuto decidere se mandare il riso in India o non mandarlo, e non l’ha mandato: c’è stata una carestia spaventosa nel Bengala nel ’43-’44. Ne porta la responsabilità politica. Tuttavia se lo incontrassi non proverei ribrezzo, come proverei se incontrassi il dottor Goebbels.
Mi sembra che i manifestanti vogliano esprimere il rifiuto di persone e eventi che continuano in modi diversi a condizionare la vita degli oppressi. Dopo l’omicidio di George Floyd si è cominciato a manifestare in modo non garbato ed è per questo c’è un dibattito mondiale sulle antiche e attuali forme di oppressione dei neri.
Infatti, si usano tracce del passato per parlare dell’oggi. Proprio questa è la cosa che mi sembra discutibile. Capisco che c’è una logica, il punto è valutare se questa logica debba prevalere sulle altre cose. Chi oggi è razzista si pone contro il pensiero umanista, è in una posizione indifendibile e va combattuto. Che questa battaglia si giovi del fatto di andare a vedere chi è stato razzista nel passato, di aggredirlo e svillaneggiarlo, è un modo per disperdere energie, è una battaglia a vuoto, assurda, che rischia di esasperare la controparte.
È una forma di violenza del presente sul passato?
A me sembra anche una forma di razzismo: sotto le intenzioni di chi dice “oggi abbiamo certi valori, Churchill non le aveva, Colombo non li aveva, via le loro statue”, si celi la voglia della civiltà occidentale di dire noi siamo migliori degli altri, noi dobbiamo portare la civiltà e imporla alle altre civiltà e a quella gente strana che viveva nel passato. Chi sono questi stronzi che nel passato si permettevano di avere valori diversi dai nostri? Cancelliamoli. Non voglio dire che stiamo sullo stesso solco di quelli che sbarcavano in Australia e cancellavano gli aborigeni, ma l’istinto inconscio è quello.
Perché questa forma di protesta ha preso forma ora?
Perché si è andato costruendo il meccanismo del politicamente corretto, un esempio di come le buone intenzioni possano produrre effetti perversi. Uguaglianza e condanna del razzismo vanno difesi da chiunque li minacci. Ma il fatto che ci fosse gente nel passato che non condivideva quei valori non è una minaccia. Lo diventa se noi abbiamo paura. Cosa rischiamo? Rischiamo se la buttiamo giù. Finché la statua di Colombo c’è, ci sarà qualcuno che pensa sia un grande uomo che ha conquistato l’America, e tanti che pensano che ha fatto qualcosa di grande senza immaginare che avrebbe provocato una tragedia. C’è molto da imparare in questo. Se invece la togliamo è finita.