Già 30 anni fa, il leader della Cgil, Bruno Trentin, riservava al suo diario privato cosa pensasse dell’organizzazione che guidava, affetta dalla “disperata volontà di un ceto burocratico di sopravvivere con il suo vecchio bagaglio culturale, (…) un ceto squalificato e sempre più depotenziato nelle sue stesse capacità professionali”. Le sue riflessioni anticipavano la crisi del sindacato e illuminano oggi il disastro di casa Cisl. I tempi di Pierre Carniti, della Cisl operaia, radicale quasi più della Cgil sono un ricordo. È rimasta solo la Fim Cisl, una cosa strana forse perché erede di Carniti (che iniziò lì la sua carriera).
Due giorni fa Marco Bentivogli, figlio di Franco, braccio destro di Carniti, si è dimesso dalla guida dei metalmeccanici. In una lettera alla segretaria generale, Annamaria Furlan, ha spiegato che “è la migliore condizione per proteggere la Fim”. Da cosa? La scorsa estate 40 dirigenti della Cisl l’avevano duramente contestato per il “protagonismo politico”, lo “smisurato egocentrismo” e “l’innato auto-convincimento di superiorità”.
Qui le idee di Bentivogli, riformiste al punto da confondersi con quelle di Confindustria, c’entrano poco: non era allineato, un peccato mortale nella Cisl della Furlan. Martedì i due si vedranno per trovare un accordo sulla successione. Raccontano che siano intervenuti perfino Matteo Renzi e Paolo Gentiloni per trovare una soluzione. Bentivogli ha lasciato per evitare che la Fim venisse commissariata dai Probiviri. È un sistema di casa nella Cisl della Furlan, già braccio destro di Raffaele Bonanni, pugnalato dai suoi fedelissimi grazie allo scandalo della retribuzione gonfiata (da cui non erano esenti molti di quelli che l’hanno spodestato). La Cisl non è più una Confederazione, ma una monarchia. Fausto Scandola, l’uomo che denunciò i maxi-stipendi (morto nel 2016), fu subito espulso; chi si ribella viene commissariato. È successo quattro anni fa alla Fai (gli agricoli), poi alla Federazione del pubblico impiego, commissariata in fretta e furia mentre il segretario Giovanni Faverin denunciava di aver ricevuto l’offerta di un posto nella segreteria confederale per farsi da parte. La crisi irreversibile del sindacato che si fa farsa.