Fondi d’investimento, canale della Lega, lotte intestine fra bande. Di tutto ciò al tifoso interessa una cosa sola: dove potrà vedere le partite della Serie A? Oggi sulla poco premiata coppia Sky-Dazn, che con la sua strana alleanza mascherata da rivalità ha costretto il tifoso al doppio abbonamento e ha fatto crollare l’audience del campionato. Domani chissà, sempre più su internet e sempre meno nella tv tradizionale.
La questione sta per tornare d’attualità, perché dalla stagione 2021/2022 i diritti tv della Serie A sono liberi. Presto sarà di nuovo tempo di aste. L’ultima fu una tragedia. Tre anni passano in fretta e i presidenti della Serie A, con la loro straordinaria abilità di non imparare mai dagli errori del passato, stanno riuscendo nell’impresa di farsi trovare di nuovo impreparati. L’amministratore delegato Luigi De Siervo ha lavorato per mesi al canale della Lega (un polo editoriale nuovo, di proprietà della Serie A, attraverso cui produrre e distribuire tutte le partite), col supporto degli spagnoli di MediaPro, ma il piano non ha convinto i patron ed è finito in un cassetto. Poi è arrivato il Coronavirus, che ha fatto il resto.
Al momento il bando di gara, pur essendo più o meno pronto, è completamente fermo. Per una semplice ragione: se fosse pubblicato oggi Sky, che resta il principale player sul mercato, non potrebbe partecipare. La pay-tv (non Dazn e Img, che invece hanno firmato l’accordo per il piano di rientro: pagheranno tutto entro fine luglio) è infatti attualmente in causa con la Serie A per l’ultima tranche non saldata durante l’epidemia, e chi ha contenziosi aperti è escluso dalla gara. Prima di procedere, andrà risolta pure questa grana.
Il vero problema però non sono le beghe legali, ma il mercato, che non è più quello di una volta: Mediaset già da tempo è uscita dai giochi, adesso anche Sky sta mutando pelle, con il nuovo piano industriale orientato alla telefonia che non prevede più follie per il calcio. Se mai ci fossero ancora dubbi, a spazzarli via ci ha pensato la recente sentenza del Consiglio di Stato che vieta a Sky l’acquisto di nuove esclusive online. Significa che in futuro, se anche dovesse comprare tutte le partite, queste potranno comunque essere trasmesse da qualcun altro su internet. È la pietra tombale definitiva sul vecchio modello del monopolio delle pay-tv: Sky potrà magari continuare a essere un modo per guardare la Serie A, non l’unico.
Che cosa succederà dunque? Non lo sanno bene nemmeno in Serie A, anche per questo si è pensato al “paracadute” dei fondi d’investimento. Appena possibile la Lega procederà col bando, che prevede quattro tipi di offerte: per prodotto (ma col divieto d’esclusiva online per Sky questa pare morta in partenza), per piattaforma, per un intermediario indipendente che rivenda a sua volta i diritti, per un partner con cui realizzare il canale della Lega. La grande novità potrebbe essere la partecipazione per la prima volta di Amazon, che è già sbarcata in Inghilterra (trasmette 30 gare l’anno della Premier League) e con cui sono cominciati i primi contatti anche in Italia.
Le incognite restano tante, così complice il Coronavirus c’è anche l’idea di prolungare di una stagione (al 2022) il contratto attuale. Farebbe guadagnare tempo sia a Sky che alla Serie A, ma serve un intervento del governo. Questa è l’altra variabile, visto che il ministro Spadafora (a cui piace molto l’idea delle partite in chiaro) sta lavorando alla riforma dello sport che potrebbe toccare anche i diritti tv. L’unica certezza è che per il pallone sta finendo un’epoca, forse è già finita. Con o senza canale della Lega, che sia Amazon, Netflix o qualcun altro, il futuro della Serie A è in rete: tante offerte su misura, un calcio quasi on demand, come una serie tv. I tifosi nonostante tutto sono pronti, il calcio italiano è come sempre in ritardo.