Non bastavano i viaggi nel tempo. Nella sua terza e ultima stagione, disponibile da oggi su Netflix, Dark introduce i viaggi fra dimensioni parallele dando vita a un mondo alternativo, uguale e nello stesso tempo diverso, in cui le vite degli abitanti di Winden si rimescolano per generare un passato, un presente e un futuro differenti. Non ci avete capito nulla? Be’, il fascino di Dark è proprio questo: confondere lo spettatore con situazioni e incastri assurdi, dandogli l’impressione di aver creato un universo realistico in cui tutto si tiene.
In un mondo (non solo quello seriale) che tende all’ipersemplificazione, è per certi versi incomprensibile il successo di questa serie tedesca ipercomplicata che si permette il lusso di aprire la sua stagione conclusiva, quella che dovrebbe rispondere a tutte le domande rimaste in sospeso, con un’enigmatica citazione di Schopenhauer: “È certo che l’uomo può fare ciò che vuole, ma non può volere ciò che vuole”. Dark comincia con la scomparsa di due ragazzini a Winden, cittadina in mezzo ai boschi che ospita una centrale nucleare e poco altro. Un mistery, insomma, ma anche un drama intergenerazionale che coinvolge quattro famiglie, i cui legami sono molto più profondi di quanto non appaiano. “Siamo partiti dalle tragedie greche” ha spiegato Jantje Friese, creatrice di Dark insieme al marito Baran bo Odar: “Anche se si tratta di una serie di fantascienza, anche se comincia con un mistero, nel suo nucleo si tratta delle relazioni umane e di quanto possano essere incasinate”. E quanto siano interconnessi i Kahnwald, i Nielsen, i Doppler e i Tiedemann lo si intuisce quando la serie introduce l’elemento sci-fi: il tunnel, e in seguito anche una macchina del tempo, che permettono di viaggiare in avanti e all’indietro di 33 anni. Mescolare tragedia greca e fantascienza? Con un’ambizione del genere il rischio di scivolare nel ridicolo è molto alto. Dark, invece, è ancorata a teorie solidissime. La trama delle prime due stagioni è infatti basata sul principio di autoconsistenza, o paradosso della predestinazione, secondo cui il corso degli eventi non può essere modificato. I personaggi viaggiano nel tempo ma non sono in grado di cambiare il proprio destino né quello degli altri; anzi, è proprio cercando di modificarlo che fanno accadere le cose esattamente come dovevano accadere.
La prima stagione si svolge su tre piani temporali: 1953, 1986 e 2019, l’anno dell’apocalisse a Winden. La seconda allarga gli orizzonti al 1921 e al 2052. La terza, anticipata nell’ultima scena della precedente dall’arrivo di una Martha “alternativa”, li espande ancora. Ma soprattutto introduce una dimensione parallela, riaprendo alla possibilità che il circolo temporale chiuso, in cui gli eventi futuri sono inevitabili in quanto già avvenuti, possa in realtà essere spezzato. L’asticella è ancora più alta, coi personaggi che non solo coesistono con le loro versioni più giovani e più vecchie (Jonas è l’antagonista di se stesso) ma anche con gli omologhi provenienti dalla dimensione parallela. Per la serialità tedesca, che negli ultimi anni ha prodotto titoli coraggiosi e di successo come Deutschland 83 e Babylon Berlin, Dark rappresenta un ulteriore salto in avanti. “Per tanto tempo non siamo stati cool – ha detto Baran bo Odar – ma le cose stanno cambiando”.