L’ASSAGGIO

Il terzo Toni Negri, filosofo comunista con tanta voglia di “resurrezione”

27 Giugno 2020

Il terzo volume dell’autobiografia di Toni Negri, scritta con Girolamo De Michele, non poteva che arrivare alla vecchiaia. E alla morte. Dopo il racconto della giovinezza e dei primi anni 70, quello del processo e dell’esilio, con il terzo libro, il filosofo e militante comunista padovano racconta il ritorno in Italia dopo la fuga a Parigi, la disponibilità a completare la pena – alla fine farà undici anni di carcere comprese le pene alternative al carcere – la fase della notorietà mondiale.

Curiosa storia quella di Negri. Tra i pochi filosofi italiani accreditati all’estero, uno dei due principali dirigenti del movimento degli anni 70, l’altro è Adriano Sofri, ad aver scontato il carcere – ma i “liberals” di Lotta continua si dichiarano innocenti, “io no” – il suo racconto si snoda tra camorristi “autorevoli e gioviali”, matti che dichiarano “io mi amo”, sguardi sui fiori nel cortile di Rebibbia, il ritrovo del terzo o quarto amore della sua vita, e poi l’esplosione teorica con la pubblicazione di Empire, libro tradotto in tutto il mondo e che incrocia felicemente il movimento no global.

Negri, del resto, rivendica sempre la fusione tra l’attività teorica e la sua vita militante, la voglia costante di fare riviste, anche quando falliscono, non solo con intellettuali e filosofi ma con giovani militanti. Racconta la politica italiana degli ultimi trent’anni da un punto di vista originale, si incrocia alla vita dei movimenti e alla sinistra detta “radicale” (compresa la “compassione” per un dirigente come Fausto Bertinotti). Ribadendo la fiducia nella “spontaneità” e nell’“ilarità, non cede però ai bilanci, quanto alla voglia di “resurrezione” dedicando le sue pagine “a quegli uomini e donne virtuosi che nell’arte della sovversione mi hanno preceduto e a quelli che seguiranno”.

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