Ha ragione Giovanni Valentini quando dice che in Italia mai come in questo momento la stampa gode di cattiva stampa. Soprattutto per i conflitti di interessi degli editori. Eccetto in pochissimi casi, e tra questi il Fatto Quotidiano, i giornali sono nelle mani di imprenditori che hanno interessi prevalenti in altri settori dell’economia e sui quali pesa il sospetto di confezionare “prodotti” che non hanno come interesse primario quello di informare correttamente i cittadini, ma di supportare i loro variegati business.
Non è una novità di oggi, ma in un momento in cui il giornalismo (di qualità) è fondamentale per la nostra democrazia, occorre affrontare il problema.
Quando sono arrivato in Senato, ho preparato una serie di disegni di legge per risolvere alcune criticità riguardanti il mondo del giornalismo, a cominciare da quello sulle liti temerarie che potrebbe essere presentato in aula per l’approvazione già nelle prossime settimane. Tra le altre proposte ve ne è anche una che fronteggia i conflitti di interessi degli editori. Prevede l’introduzione di una soglia massima di partecipazione azionaria in aziende editoriali per quei soggetti operanti in modo prevalente in altri settori. Il disegno di legge è semplice: un articolo e tre commi, il primo dei quali prevede che i privati che svolgono in settori diversi da quello editoriale attività con fatturato eccedente i 500mila euro annui, non possono detenere quote azionarie di aziende editoriali, giornalistiche, televisive, radiofoniche o testate online, in misura superiore al 10%. Il secondo estende il divieto alle quote detenute dal coniuge o dai parenti entro il secondo grado, alle imprese o alle società da questi soggetti controllate. Il terzo regola la tempistica, stabilendo che chi al momento dell’entrata in vigore della legge detenesse quote azionarie eccedenti la soglia introdotta, dovrà ridurre tale quota al 45% entro un anno, al 25% entro due anni ed al 10% entro il terzo anno.
Questo è il disegno di legge che depositerò in Senato la prossima settimana. Sono consapevole che esso tocca temi cruciali come quello della libertà d’impresa e di mercato. Valori costituzionali che meritano la necessaria tutela. Ma di fronte alla situazione provocata dai conflitti d’interessi editoriali c’è anche un altro supremo valore costituzionale da tutelare: quello dei cittadini di avere un’informazione credibile e corretta e non così pesantemente inquinata. Spetterà al Parlamento trovare un saggio bilanciamento.