“Verde” e “giustizia”, sono le due parole che si sono sentite di più negli ultimi giorni in Francia.
Verde, perché la Francia ora è più verde. Prima c’era solo Grenoble, ora, dopo le municipali di domenica, sono verdi anche Strasburgo, Poitiers, Tours, Lione, Bordeaux, bastione della destra dal dopoguerra. Per gli ecologisti è un trionfo. E questo voto non è solo per ripicca verso Emmanuel Macron che ha deluso (e perso) parte dei suoi elettori del 2017. Lo ha spiegato al Fatto il politologo Bruno Cautrès: la vittoria degli ecologisti in Francia è “culturale”. Del resto già alle europee del 2019 Europe-Ecologie Les Verts era diventato il terzo partito sul piano nazionale. I francesi hanno aderito alla battaglia di Greta con entusiasmo. E se non fosse stato per il Covid, la militante 16nne avrebbe marciato lo scorso marzo a Parigi per sostenere la campagna dei Verdi. Insomma i francesi sono diventati green dentro.
Ed è qui che entra in scena la giustizia. Quella sociale, che i Gilet gialli rivendicavano ai caselli autostradali e che ora si reclama nelle urne. Perché ecologia e giustizia sociale in Francia vanno di pari passo. Lo ha detto la neo sindaca di Strasburgo, Jeanne Barseghian, giurista di 39 anni, la sera del voto: “Bisogna ormai fare i conti con l’ecologia e con la sete di giustizia sociale”. Parole di una che pensa a gauche. In tante città, la stessa Parigi, dove è stata rieletta la sindaca Ps Anne Hidalgo, i Verdi hanno vinto lo stesso grazie all’alleanza con i socialisti. In qualche ora la gauche, addormentata dai tempi di François Hollande, è resuscitata. Se Macron “non incarna più l’alternativa”, come sostiene Cautrès, perché non dovrebbero farlo gauche e Verdi insieme? C’è chi ci pensa già e guarda alle presidenziali del 2022.
È verde (ma sbiadito) anche la “svolta” promessa da Macron. Lunedì, il presidente, passando sotto silenzio la débâcle del suo partito alle une, ha fatto sue (quasi tutte) le proposte della Convenzione dei cittadini per il clima, 150 francesi scelti a caso che hanno riflettuto sulla questione per nove mesi e partorito più di 100 misure. Si parla ormai di reato di ecocidio, di modificare l’articolo 1 della Costituzione, di referendum. Ma chi ci crede alla vena green di Macron? In pochi: da un sondaggio dell’istituto Yougov fresco di giornata, il 59% dei francesi non pensa che la conversione verde di Macron sia sincera. Ci crede solo il 3%. Nessun francese può dimenticare un episodio dell’agosto 2018 in cui l’improbabile ecologismo di Macron era già venuto fuori: il popolarissimo ministro dell’Ecologia, Nicolas Hulot, si era clamorosamente dimesso in diretta radio. Il motivo? Era stufo di avanzare a “piccoli passi” quando in materia di ecologia serve una rivoluzione. Difficile che sia Macron a farla.
Quando si dice giustizia. Lunedì François Fillon è stato condannato a 5 anni di carcere (tre con la condizionale) e a dieci di ineleggibilità per essersi arricchito a spese dei contribuenti. Ricordate il Penelopegate? Era scoppiato in piena campagna per l’Eliseo nel 2017: Fillon, ex primo ministro di Sarkozy, e candidato strafavorito della destra, era stato incastrato da un’inchiesta del settimanale francese Canard enchaîné. Era emerso che per anni aveva remunerato la moglie Penelope come assistente parlamentare, mentre lei era a casa, un bel castello presso Le Mans, a occuparsi del giardino. I due hanno fatto appello.
C’è poi la giustizia che si cerca di eludere. In pochi giorni, Mediapart, il giornale on line partner del Fatto, ha rivelato due dossier scottanti che coinvolgono Emmanuel Macron in prima persona e lo accusano di essersi intromesso nel lavoro dei giudici. E pazienza per l’indipendenza della giustizia di cui, come presidente, sarebbe il garante. Una riguarda il suo braccio destro, il segretario generale dell’Eliseo, Alexis Kohler, accusato di conflitto di interesse. L’altra riguarda l’ex campione Michel Platini, coinvolto nel Qatargate, lo scandalo di corruzione per il mondiali in Qatar del 2022. Ieri la procura finanziaria ha assicurato che no, la lettera di Macron, scritta in salvataggio dell’amico Kohler, “non era stata determinante” per l’archiviazione del caso.