Il nome più forte non compare nel programma presentato venerdì scorso alla presenza, tra gli altri, del governatore dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, “destro” post-renziano che aspira alla leadership del Pd.
Il nome, cioè, dell’ex presidente della Bce Mario Draghi. Dovrebbe essere lui, infatti, l’ospite più prestigioso e atteso della breve edizione post-Covid del tradizionale Meeting ciellino di Rimini, dal 18 al 23 agosto. E l’invito che gli è stato recapitato dal numero uno del Meeting, Bernhard Scholz, riguarda soprattutto il profilo da super-premier di un governissimo di unità nazionale incarnato da Draghi. Ché questa sarà soprattutto un’edizione “preparatoria” della svolta autunnale sperata dal Sistema. Del resto il raduno annuale di Comunione e Liberazione, per l’intera Seconda Repubblica, è stato l’incubatore perfetto per il dialogo bipartisan tra il centrodestra di B. e il centrosinistra.
L’arrivo di Draghi, sempre che l’ex governatore di Bankitalia non ci ripensi, fa il paio con il dibattito clou della politica previsto per il 21 agosto. A discutere sul fondamentale quesito “Il Parlamento serve ancora?” sono stati “invitati” (anche per loro la presenza non è sicura) Maria Elena Boschi per Italia Viva; Graziano Delrio per il Pd; Luigi Di Maio per il M5S; Matteo Salvini per la Lega; Giorgia Meloni per Fratelli d’Italia; Roberto Speranza per Articolo 1; infine Antonio Tajani per Forza Italia.
Qualora Di Maio dovesse accettare, sarebbe la prima volta in assoluto di un leader pentastellato al Meeting. Non solo, dagli ambienti ciellini trapela che l’invito è stato rivolto direttamente al ministro degli Esteri, scavalcando volutamente l’attuale reggente del Movimento, Vito Crimi. Così come sono stati “ignorati” i due avversari principali del governissimo di unità nazionale: il premier Giuseppe Conte, ovviamente, e il segretario del Pd Nicola Zingaretti.
La quarantunesima edizione del Meeting si svolgerà con un format variabile – alcuni incontri live, altri online – e la consueta frase a tema quest’anno è del filosofo ebreo Abraham Joshua Heschel (1907-1972): “Privi di meraviglia restiamo sordi al sublime”. Oltre alla torsione “unitaria” e post-contiana, i dibattiti sono all’insegna del regionalismo più spinto, nel solco della sussidiarietà “sanitaria” predicata da Cl e che ha partorito il modello Formigoni in Lombardia. A due riprese, il 21 e il 22 agosto interverranno tanti governatori (e anche in questo caso spicca l’assenza di Zingaretti, stavolta come presidente della Regione Lazio): Vincenzo De Luca, Michele Emiliano, Attilio Fontana, il citato Bonaccini, Luca Ceriscioli, Nello Musumeci, Jole Santelli, Giovanni Toti, Luca Zaia, Massimiliano Fedriga.
Governissimo e regionalismo: il tutto irrorato da fiumi di sano europeismo dem con Paolo Gentiloni, commissario Ue agli Affari economici; David Sassoli, presidente del Parlamento europeo; un probabile collegamento video con l’europremier Ursula von der Leyen. A completare la “delegazione” del Pd in altri incontri saranno i ministri Roberto Gualtieri e Paola De Micheli, la sottosegretaria Anna Ascani, il sindaco di Milano Beppe Sala.