Ci sono ancora 5 mesi scarsi di tempo, ma tutto porta a pensare che non basteranno per arginare la più grande politica di violazione dei diritti del consumatore. Il primo dicembre dovrebbe entrare in vigore la nuova e più forte tutela contro il telemarketing selvaggio (sul mercato i dati personali dei clienti si comprano a 5 centesimi a nominativo), il cui iter di approvazione è iniziato nel 2017. Peccato che un paio di settimane fa il Consiglio di Stato abbia espresso perplessità sul decreto del ministero dello Sviluppo economico che rivoluziona il Registro delle opposizioni e dovrebbe consentire di iscrivere attraverso una facile procedura via web o al telefono 117 milioni di numeri fissi e mobili non riportati oggi negli elenchi telefonici pubblici e di cancellare le autorizzazioni date in precedenza e di solito inconsapevolmente magari con la sottoscrizione delle tessere fedeltà al supermercato. Eppure si si tratta di un regolamento che, dopo tanti rinvii, ha avuto l’ok dal Consiglio dei ministri lo scorso gennaio con la promessa che la stretta sarebbe iniziata 10 mesi dopo. Ma ad oggi è tutto in stand by in attesa che vengano fornite le spiegazioni richieste al Consiglio di Stato. E, solo se saranno ritenute soddisfacenti, l’iter del decreto potrà proseguire con un ulteriore passaggio parlamentare, il ritorno del regolamento in Cdm per l’approvazione definitiva e, infine, sarà la volta della sua emanazione da parte del capo dello Stato prima di approdare in Gazzetta Ufficiale. Basteranno meno di 5 mesi?
Questa la parabola della nuova legge contro il telemarketing che ancora non riesce a vietare le chiamate indesiderate a tutte le ore, di giorno e di notte, per estorcere contratti di cui non si hanno ben chiare informazioni, clausole e prezzi. Un martellamento da cui nessuno si salva: è stato bollato dal garante delle Privacy come “molestia”, senza poter fare nulla per impedirlo. Nel 2019 le segnalazioni da parte degli utenti in materia di telemarketing selvaggio sono state ancora migliaia, tanto da far inviare un appunto alla Procura della Repubblica. A febbraio Tim è stata multata per 27,8 milioni per numerosi trattamenti illeciti dei dati personali. Troppi gli interessi in ballo e poca la volontà per consentire agli addetti ai call center di lavorare con le giuste tutele, uscendo fuori dal precariato e rilanciare un settore importante per la tenuta economica del Paese.