Tre “apprezzamenti” ai carabinieri della stazione di Roma Appia che arrestarono Stefano Cucchi la notte tra il 15 e 16 ottobre 2009, e che poi lo picchiarono all’interno della caserma. Le lettere sono state mostrate in aula dal sostituto procuratore Giovanni Musarò durante l’udienza del processo sul presunto depistaggio dell’Arma (imputati sette ufficiali e un carabiniere scelto) nelle indagini sulla morte di Cucchi tra il 2009 e il 2015: “Prego esprimere ai militari operanti il mio apprezzamento”, scrive il 17 ottobre l’allora comandante provinciale, generale Vittorio Tomasone, per “l’arresto di una persona, per detenzioni ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti”. Due giorni dopo c’è l’elogio via mail del comandante regionale, generale Saverio Cotticelli, e il 26 ottobre, quattro giorni dopo la morte di Cucchi il comandante maggiore Paolo Unali e il maresciallo Giancarlo Silvia, della compagnia, Casilina inviano il loro “personale plauso”. Proprio a Salvia, chiamato in aula a testimoniare, il pm Musarò ha chiesto se fosse usuale una simile nota di merito, per un arresto di spaccio per quasi 24 grammi: “Non è usuale – ha detto Salvia – arresti simili sono fatti spesso in una città come Roma”.
Il teste ha anche raccontato di aver sentito da alcuni colleghi parlare delle condizioni di Cucchi. “Vicino alla macchina del caffè, ho sentito dei colleghi che lo avevano accompagnato alla direttissima, dicevano che aveva difficoltà a rimanere in piedi e deambulare, che era conciato male”.
Poi aggiunge: “Era una frase detta in corridoio, non ho approfondito e non le ho riferite a nessuno, anche se di solito sarebbero oggetto di relazione di servizio. Ho pensato che se fosse successo qualcosa avrebbero agito di conseguenza”. Salvia ha anche spiegato che il fascicolo Cucchi era “nell’armadietto del maggiore Unali, chiuso a chiave”, custodito tra i “documenti più delicati”.
In aula anche il carabiniere Guido Luppino, in servizio a Tor Sapienza, che ha ricostruito l’acquisizione degli atti di Cucchi fatti dal nucleo investigativo dei carabinieri nel 2015. “Vennero e mi fecero fotocopiare tutto – spiega Luppino –, c’era un militare che mi seguiva a ogni mio movimento, ho stampato anche la mail che però non hanno preso”. Si tratta della mail del 27 ottobre 2009, per la quale i militari Alessandro Casarsa, Francesco Cavallo, Luciano Soligo e Massimiliano Colombo Labriola sono imputati per falso ideologico, accusati di aver concordato di modificare l’annotazione redatta da un collega sullo stato di salute di Cucchi, per coprire le violenze subite in caserma.