Egr. direttore,
la violenta campagna di stampa nei miei confronti finalizzata a delegittimare la decisione della Corte di Cassazione dell’1/8/2013 che confermava la condanna di Berlusconi Silvio per il reato di frode fiscale – oltre a far riferimento alle false affermazioni rese da Amedeo Franco nell’anomalo e inquietante incontro del giudice con l’imputato che egli aveva concorso a condannare – utilizza strumentalmente due decisioni: la sentenza della III sezione penale della Cassazione n° 52752/14 (estensore Amedeo Franco); e la sentenza del giudice monocratico civile del Tribunale di Milano n° 868/2020.
Con riferimento alla prima decisione si è affermato, in vari articoli di stampa, che essa aveva “smentito” il verdetto della sezione feriale dell’1/8/2013; che costituiva “un attacco frontale al collega Esposito e alla sua decisione … fu il vero atto di dissenso del giudice Franco contro il teorema Esposito”; ed, ancora: “Quando gli toccò di occuparsi di un caso praticamente identico, Franco demolì con dovizia di argomenti la sentenza che aveva condannato Berlusconi”.
Viene, però, dimenticato “un piccolo” particolare: il Franco fu sconfessato dall’ufficio del Primo Presidente che in un comunicato stampa – dopo aver ritenuto “palesemente superflue espressioni rispetto al tema della decisione” – ritenne che diverse erano le due fattispecie. I casi erano, invero, totalmente diversi: la sentenza redatta dal Franco riguardava il caso di un amministratore di una società che predispone, con documentazione fittizia, una dichiarazione dei redditi che poi, per qualsiasi causa, non firma e viene firmata dal nuovo amministratore e si ritiene che il primo non commetta reato. La fattispecie del processo “diritti Mediaset” riguardava, invece, la creazione in concorso di un sistema di “frodi carosello” realizzato attraverso società cartiere, fittizie, riconducibili ad un unico soggetto. Ed, in proposito, il comunicato-stampa dell’ufficio del Primo Presidente rileva che nel processo Berlusconi “la sezione feriale spende numerose pagine per illustrare i contributi determinanti in vista del risultato di una dichiarazione fraudolenta”. Sarebbe bastato, infatti, leggere la sentenza dell’1/08/2013 per apprendere anche che la decisione si basò proprio sui precedenti specifici, costanti della 3° sezione (quella di Franco) tutti riportati in motivazione per ben quattro pagine (pagg. 174 – 178) tra cui quelle fondamentali n. 39176/08, ric. Agrama (un filone dello stesso processo di Mediaset) e n. 19247/’12, P.M. contro Desiasi, richiamata anche dai giudici di I e II grado che si uniformarono a tale decisione che aveva ben definito il “meccanismo tipico delle c.d. ‘frodi carosello’”.
Quindi, la Sezione feriale, nel processo Berlusconi – dopo aver richiamato numerose altre decisioni della terza Sez. Penale e dopo aver precisato “che nel caso di specie, l’unitario disegno realizzato, attraverso la creazione di società cartiere, fittizie, tutte riconducibili al medesimo autore, l’enorme lievitamento dei costi, la sostanziale assenza di autonomia decisionale di IMS nella vicenda che si esamina danno conto dell’identità dei profili fondanti della responsabilità che si concentrano sul finale risultato dell’evasione tributaria rilevante, appunto, ai sensi dell’art. 2 d. Igs. n. 74/2000” – ha così concluso sul punto :
“Alla stregua di tali considerazioni, del tutto corretta, sia in punto di fatto che di diritto, la conclusione cui pervengono i Giudici del merito, secondo i quali il contributo causale materiale o morale degli imputati di frode fiscale ex art. 110 cod. pen. si desume dagli elementi che provano un loro coinvolgimento diretto e consapevole alla creazione del meccanismo fraudolento sopra delineato, meccanismo che consentiva all’autore di avvalersi di documentazione fiscale fittizia (pag. 179)”.
Ora, Franco, nella sentenza della terza sezione penale n° 52752/’14, afferma: “in sostanza, la Corte di Appello (di Trento) appare aver adottato un’interpretazione (analoga a quella poi seguita dalla sez. fer. 1/8/2013 n° 35729 Agrama ed altri, RV 256579, in relazione all’art. 2 d. lgs. 10/3/2000 n° 74)….”.
Orbene – ed è questo il punto – non solo i casi erano totalmente diversi, ma non vi era alcuna necessità per il Franco di richiamare, nell’esaminare la sentenza della Corte di Appello di Trento del 23/5/2013, la decisione della Cassazione feriale (quella dell’1/8/2013) che, al momento della sentenza della Corte di Appello, non esisteva e che, quando fu successivamente emessa (1/8/2013), non riguardò assolutamente la fattispecie dei due amministratori (oggetto della sentenza della Corte di Appello di Trento del 23/5/2013, esaminata dal Franco), ma riguardò la diversa fattispecie delle “frodi carosello” in ordine alla quale la sezione feriale applicò i principi sempre enunciati dalla III sezione che era stata ripetutamente chiamata a decidere in ordine a tale meccanismo fraudolento. (e Franco lo sapeva).
b) Quanto alla sentenza del Tribunale di Milano che, a dire di alcuni organi di stampa, avrebbe “raso al suolo” la sentenza della sezione feriale della Cassazione del 2013 – a parte che risulta molto difficile che una sentenza civile di I grado di un giudice monocratico possa “radere al suolo” una sentenza penale della Suprema Corte confermativa di due sentenze di merito – si osserva che anche qui c’è un “piccolo” particolare che è stato volutamente omesso. La sentenza in questione non riguarda nella maniera più assoluta fatti e sentenze del processo “Diritti Mediaset”, oggetto della decisione della sentenza della sezione feriale del 1° agosto 2013, bensì riguarda fatti e sentenze di altro e diverso processo denominato “Diritti Mediatrade” di cui si sono occupate le seguenti sentenze (appunto ricordate nella decisione del giudice civile del Tribunale di Milano): 1) sentenza Tribunale di Milano n° 8181/’14 che ha mandato assolti Berlusconi Silvio, Confalonieri Fedele dal reato di frode fiscale perché il fatto non costituiva reato (anche se ex art. 531 c.p.p.); 2) sentenza Corte di Appello di Milano del 17/3/2016 che ha condannato il Piersilvio Berlusconi e Fedele Confalonieri per il reato di frode fiscale relativo all’anno 2007 dichiarando prescritto il medesimo reato per l’annualità fiscale 2006. 3) sentenza Corte di Cassazione n° 1673/2017 che ha annullato senza rinvio tale decisione perché “il fatto non costituiva reato” e, quindi, per mancanza dell’elemento psicologico del reato, confermando così sostanzialmente la decisione del Tribunale.
Rileva la Corte di Cassazione che “il Tribunale aveva accertato che il sistema di super valutazione dei diritti di trasmissione in danno delle società emittenti, già utilizzato da oltre un decennio, fosse proseguito, seppur con progressiva diminuzione negli anni 2000/2005; ha ritenuto tuttavia che non vi fosse la prova che tale sistema, certamente fonte di arricchimento personale per coloro che avevano indebitamente fatta propria la maggiorazione dei prezzi, fosse stato escogitato di concerto con i vertici Mediaset per evadere il fisco o che comunque di esso Berlusconi e Confalonieri fossero a conoscenza ed avessero consapevolmente beneficiato di tali falsità nella dichiarazione consolidata per evadere l’imposta di gruppo” (pag. 44, sent. Cass. 1673/’17). In sostanza, la Corte di Cassazione rileva che il Tribunale aveva tenuto conto dei mutamenti verificatisi proprio a partire dal 1999 ed in seguito alla quotazione in borsa di Mediaset, che avevano interessato in generale il mercato dell’acquisto dei diritti e le strutture societarie del gruppo. In particolare, la Corte di Cassazione rileva, ancora, che erano state valorizzate, tra l’altro, dal Tribunale: “la sostituzione con Mediatrade con la società maltese IMS, controllata da Mediaset e svolgente un ruolo di mero transito, con la conseguente cessazione della operatività dell’ufficio di riferimento in Lugano già gestito da Carlo Bernasconi” – (la società fittizia IMS era stata oggetto di lunga trattazione nella sentenza “Diritti Mediaset” del 1° agosto 2013) – e, soprattutto, “il conseguente cambiamento dei rapporti con i fornitori, ivi compresi quelli ‘storici’ e quindi anche con Agrama al quale venne imposto – provocandone la vibrate rimostranze – un nuovo schema operativo che prevedeva l’eliminazione della intermediazione delle sue società offshore” (pag. 45 sent. Cass. 1673/’17).
Questi sono i “fatti, (e le sentenze), posti a fondamento della decisione nel procedimento penale c.d. Mediatrade”, (così testualmente), che il giudice civile esamina da pag. 16 in poi dopo aver indicato il periodo temporale dei fatti dal 1999 al 2005 e dopo aver elencato (da pag. 11 a 15) “i capi di imputazione del processo penale RG 13797/2011 deciso dal Tribunale di Milano con sentenza n° 8181/’14 (d’ora in poi c.d. sentenza Mediatrade)”.
Non risponde, quindi, al vero l’affermazione che il giudice civile abbia esaminato i fatti e le sentenze del processo c.d. “Diritti Mediaset” (che ha riguardato il meccanismo fraudolento fino al 1998), e non ha, quindi, né “demolita”, né “spazzata via” la sentenza della Corte feriale di Cassazione dell’1/8/2013, in nessun modo interessata dalle argomentazioni del giudice civile che – ed è questa l’ultima notazione – non ha definito la causa con una statuizione di merito bensì “dichiarando la prescrizione delle azioni delle attrici” (e, cioè, RTI s.p.a. e Mediaset s.p.a. c. Agrama ed altri.