Comunque finisca, sono rimasti in due: Conte e Rutte. Un duello italo-olandese finora inedito, frutto della situazione particolare in cui si trova l’Unione europea al bivio tra due possibili evoluzioni: una sua riduzione nei confini di un tardo Sacro Impero con la possibile rottura; oppure una evoluzione verso forme di solidarietà comune in grado di preservarne le radici.
Il continuo rilncio da parte dell’Olanda e dei “frugali” non è solo una trattativa spinta per strappare i migliori risultati possibili (anche questo, sia chiaro, viste le concessioni che Charles Michel sta mettendo sul tavolo) ma un’ipoteca sull’Europa tutta. Una questione di “potere” e non solo di soldi. Non è nemmeno un tentativo di umiliare l’Italia, ma di costringere il nocciolo reale di comando, quello franco-tedesco, a scegliere tra le due opzioni sopra menzionate. E in effetti, finora, la novità sta proprio nell’atteggiamento della Germania che, se non si producono fatti inediti dell’ultima ora, non ha mollato l’asse con l’Italia anche se non ha dato un deciso ultimatum all’Olanda. Segno delle frizioni e del dibattito che esistono anche in Germania. Rutte e i nordici stanno facendo di tutto per riportarla dove si è sempre collocata e se questo non accade l’Italia ha qualche chance per spuntarla.
Conte fino a ieri sera si è battuto come possibile dati i rapporti di forza esistenti sfruttando al massimo l’investimento fatto sulla presidente della Commissione europea oltre che su Parigi e Berlino. Se questo patto reggerà e le risorse saranno realmente “efficaci” (l’ultima ipotesi di una riduzione dei “grants” fino a 350 miliardi ma con i trasferimenti per l’Italia invariati andrà verificata) potrà dire di aver vinto. Non solo qui in Italia, ma anche a Bruxelles.