Schiaffi dati coi guanti per non lasciare i segni. Detenuti obbligati a stare in piedi con la faccia contro il muro per 40 minuti consecutivi, mentre un agente urlava: “Pezzo di merda! Ora ripeti, sono un pezzo di merda”. A un carcerato che aveva osato denunciare i pestaggi subiti, i poliziotti minacciandolo dissero: “Ora scrivi alla Procura che ti sei inventato tutto”. Non è l’inferno, ma il reparto delle Vallette – carcere di Torino – dove sono detenuti i condannati per violenza sessuale e pedofilia. Qui 21 agenti di polizia penitenziaria avrebbero picchiato e insultato, più volte, almeno dieci carcerati. I vertici sarebbero stati a guardare e avrebbero coperto gli agenti. Ieri il pm Francesco Saverio Pelosi della Procura di Torino ha chiuso un’indagine avviata un anno e mezzo fa con l’arrivo di un esposto del Garante nazionale dei detenuti, Mauro Palma.
Sono 25 gli indagati, di cui 21 poliziotti: alla maggior parte di loro la Procura contesta il reato di tortura. Rispondono invece di favoreggiamento il comandante della polizia penitenziaria, Giovanni Battista Alberotanza e il direttore della casa circondariale “Lorusso e Cutugno”, Domenico Minervini (a cui si contesta anche l’omessa denuncia). I due – assistiti rispettivamente dagli avvocati Michela Malerba ed Antonio Genovese – avrebbero saputo che nel carcere sarebbero avvenute violenze, ma non avrebbero informato l’autorità giudiziaria. Il direttore, secondo quanto accertato dal nucleo investigativo regionale della polizia penitenziaria, dopo essere stato avvisato “in numerose occasioni” dalla Garante dei detenuti torinese, Monica Gallo, “ometteva di denunciare gli episodi di violenza e di vessazioni all’autorità giudiziaria”.
Alberotanza, “informato di quanto accaduto” avrebbe aiutato “alcuni indagati, eludendo le investigazioni, omettendo di denunciare i pestaggi, conducendo un’istruttoria interna in cui ricostruì l’accaduto in maniera non veritiera e denunciando per diffamazione due detenuti che avevano sporto denuncia”. Gli agenti indagati avrebbero procurato “accuse e sofferenze fisiche” ai carcerati, ma anche verbali, come: “Te la faremo pagare, ti faremo passare la voglia”. “Pedofilo pezzo di merda”. Condotte, per la procura, che “comportavano un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona detenuta”. A un carcerato che chiedeva aiuto nella propria cella che stava prendendo fuoco, i poliziotti dissero: “Hai appiccato il fuoco tu”. Poi lo colpirono con calci alle gambe e ai fianchi facendolo cadere a terra. Non tutti gli agenti picchiavano i detenuti. Alcuni di loro hanno indagato per mesi, in silenzio, sulle violenze messe in atto dai colleghi, per mettere la parola fine pratiche perverse che sarebbero durate da anni.