Ammetto di non aver studiato a lungo, ma mi pare di aver capito che l’unica abilità riconosciuta di Kim Kardashian sia usare in modo creativo il cospicuo sedere, oltre ad avere un marito, tale Kanye West, di professione rapper, candidato alla presidenza degli Stati Uniti. Del quale – all’inizio distrattamente, ma sempre più avvinto secondo dopo secondo – ho visto un comizio elettorale in cui promette (tra altre cose, non tutte comprensibili) un milione di dollari a chi concepisce un figlio. Niente male: se aggiungesse uno yacht e una tenuta agricola in Arkansas sarebbe un buon incentivo alla natalità (ci metterei anche un mitra M16, non di peluche).
Troppo facile prendersela con mister West, e va detto che la storia americana è piena di questi candidati “indipendenti”, pittoreschi, caricaturali. I più anziani e i più rockettari ricorderanno le numerose candidature di Jello Biafra, cantante dei Dead Kennedy’s (eccellente gruppo punk californiano) che aveva nel suo programma campi da golf nelle prigioni federali e nuove divise per la polizia: da clown. Un dadaista, insomma.
Ora c’è un piccolo problema: che le distanze tra lo sberleffo situazionista e quelli che ci credono veramente si sono assottigliate fino a scomparire, e questo anche per merito di un presidente in carica, Donald Trump, che ogni giorno pone il mondo davanti al dilemma classico: è matto o finge di? Insomma, con quale diritto sghignazziamo davanti a un rapper se a capo del mondo, con la valigetta dell’attacco nucleare, c’è uno che dallo Studio ovale fa pubblicità ai fagioli di cui la figlia è testimonial? O che teorizza le iniezioni di candeggina contro il Covid? O che… il povero Donald è costretto a inventarsene una al giorno, un po’ come qui (in sedicesimo) sono costretti a fare alcuni bei tomi sovranisti che tifano per lui.
Per farla breve – e scusandomi con gli osservatori degli States che si sforzano di raccontarci quell’universo parallelo – bisognerebbe capire come diavolo è successo che l’America sia passata da colosso politico-militar-culturale che “ci ha colonizzato l’inconscio” (cit. Wim Wenders) a una specie di immenso circo con la donna barbuta, il cane che conta fino a otto, il presidente che vuole comprare la Groenlandia, un posto di matti armati fino ai denti.
Sempre casualmente, come per il comizio di Kanye West, si può inciampare nel sito di Turning Point Usa, formazione studentesca di sostegno a Trump, e anche in quel caso bisogna affrontare qualche secondo di spiazzamento: è uno scherzo o dicono sul serio? A parte le solite fregnacce ultra-liberiste (per esempio la maglietta “Le tasse sono un furto”, che potrebbero attecchire anche qui presso i nostri liberisti alle vongole), ci sono cose assai interessanti, come il censimento (nomi, cognomi, foto) dei docenti universitari di tendenze liberal, vere liste di proscrizione e il divertente slogan “Il capitalismo aiuta i poveri”.
C’era un confine, una volta, tra la caricatura e la realtà, e ora pare che il confine sia scomparso, che follia ideologica e grottesco non siano più distinguibili. “Gesù mi ha detto di comprare un fucile mitragliatore” non è più una battuta alla Woody Allen, è quello che dicono (peggio: pensano!) in molti, la metamorfosi del paradosso in realtà è sempre spaventosa, e la percezione diffusa che si ha dell’America oggi è quella di una specie di manicomio a cielo aperto, dove quando si annuncia una pandemia globale la gente si mette in fila per comprarsi un mitra. Fa ridere, ma mica tanto.