La ‘ndrangheta ha partecipato assieme a Cosa Nostra alla stagione stragista per cambiare con il sangue il corso della storia d’Italia nel 1993-1994. Questo è il senso profondo della sentenza di condanna contro il boss siciliano Giuseppe Graviano, 57 anni, e contro il calabrese Rocco Santo Filippone, 80 anni. La Corte d’assise di Reggio Calabria ha condannato entrambi all’ergastolo per il duplice omicidio avvenuto il 18 gennaio 1994 a Scilla, sull’autostrada, ai danni dei carabinieri Antonino Fava e Giuseppe Garofalo oltreché per altri due attentati ai danni di altrettante gazzelle dei carabinieri realizzati dallo stesso commando composto dai giovani Consolato Villani (17 anni allora) e Giuseppe Calabrò (18 anni) tra dicembre ’93 e gennaio ’94 sempre vicino a Reggio. I due sicari si pentirono, ma non dissero, secondo il pm Lombardo, il movente vero e i mandanti. Poi Gaspare Spatuzza, braccio esecutivo di Graviano, si è pentito e ha raccontato di avere visto al bar Doney di Roma Giuseppe Graviano nel gennaio del 1994. Il boss gli chiese di fare una strage di carabinieri allo stadio Olimpico domenica 23 gennaio 1994. Alle perplessità del sicario, Graviano replicò che i calabresi si erano già mossi.
La Procura di Reggio Calabria ritiene Spatuzza credibile quando fa quel riferimento all’attentato di dicembre e al duplice omicidio del 18 gennaio 1994 a Scilla. La sentenza di condanna probabilmente ha recepito questa linea. Le stragi (tentate e riuscite) del periodo 1992-1994 sono state inserite nel 2018 in una strategia politica dalla sentenza di condanna in primo grado per la Trattativa Stato-mafia. In questo scenario è stato condannato a 12 anni in primo grado (è in corso l’appello) anche Marcello Dell’Utri per minaccia a corpo dello Stato. Due anni dopo arriva la sentenza, sempre di primo grado, di Reggio a estendere il raggio della stagione eversiva dalla Sicilia alla Calabria. Bisognerà attendere le motivazioni della Corte d’assise presieduta da Ornella Pastore per capire meglio. Finora il calabrese Filippone non era mai stato condannato se non per detenzione illegale di armi. Nella sentenza di ieri invece è riconosciuto anche colpevole di associazione a delinquere mafiosa. “Questa è una sentenza storica”, spiega il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo che ha testardamente creduto in questa indagine dal 2013. “Per la prima volta la Corte di Assise riconosce l’esistenza di una comune strategia stragista e eversiva di Cosa Nostra e della ’ndrangheta nei primi anni 90. Nella nostra requisitoria abbiamo portato all’attenzione dei giudici i punti di contatto tra gli omicidi e gli attentati consumati in Calabria nel 1993-1994 e le stragi consumate in Sicilia e nel continente del 1992-1993. La sentenza – prosegue Lombardo – è anche un punto di partenza. La Corte ha trasmesso alla Procura per accertamenti il memoriale di Giuseppe Graviano. Con il rigore necessario, andranno svolte tutte le attività investigative utili a chiarire ogni aspetto di tali fatti, drammatici e inaccettabili, e degli scenari in cui tutto questo è maturato”. Il riferimento è al memoriale di una cinquantina di pagine spedito da Graviano ai giudici poco prima che si ritirassero in Camera di consiglio. Ieri Il Fatto ne ha anticipato alcuni passaggi esplosivi. Graviano rivendica di avere incontrato più volte Berlusconi per regolare gli antichi rapporti economici tra il nonno materno di Graviano, morto nel 1985, e l’imprenditore milanese.
“A fine ’93 qualcosa cambia intorno al sottoscritto – scrive Graviano – e questo momento corrisponde, a mio avviso e a mente lucida, con l’ultimo incontro che ho avuto con Berlusconi a Milano (in precedenza lo avevo incontrato altre due volte). In quell’incontro si parlò di mettere, dopo tanti anni (più di 20), nero su bianco quello che era stato pattuito con mio nonno Quartararo e gli altri investitori palermitani. Negli anni i rapporti con Berlusconi, come ho già riferito, erano stati curati da mio cugino Salvo, anche perché io ero sempre latitante. Dopo più di 20 anni però, gli investitori, che non avevano ricevuto alcuna somma rispetto all’investimento iniziale, intendevano ottenere i propri utili e formalizzare l’accordo davanti a un notaio. In quell’occasione si era scelto anche il notaio ed era stato fissato il relativo appuntamento presso lo studio di Milano, nella prima settimana del febbraio 1994. Ovviamente a quell’appuntamento non abbiamo potuto presenziare né il sottoscritto né Salvo”. Entrambi furono arrestati, infatti. Giuseppe con il fratello Filippo il 27 gennaio 1994, a Milano, il giorno dopo la discesa in campo di Silvio Berlusconi in politica. Salvo ai primi di febbraio e poi fu prosciolto. Ovviamente tutti i fatti sopra riportati sono da verificare perché è bene ricordare sempre che Graviano è un boss non pentito che potrebbe usare il proscenio del processo ’Ndrangheta Stragista per dire fandonie e lanciare messaggi. L’avvocato difensore delle parti civili, cioè dei familiari dei carabinieri Fava e Garofalo, Antonio Ingroia, spiega: “Ci sono altri colpevoli che non erano imputati in questo processo. Sono convinto che i valorosi magistrati della Procura di Reggio Calabria da questo processo partiranno per aprire un’indagine bis su altri mandanti e altri ispiratori e magari potremmo avere finalmente una verità completa”.