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Così a Vigne Nuove Verdone inaugura “Il palo della morte”

L’anniversario - Quarant’anni di “Un sacco bello”

25 Luglio 2020

Chissà quanto è costato a Carlo Verdone, uno dei più famosi ipocondriaci d’Italia, l’abbraccio quasi asfissiante che gli ha regalato Roma. Centinaia di persone l’hanno accolto tra i palazzoni popolari di via Conti, dove esattamente quarant’anni fa è stata girata una scena cult della sua opera prima: Un sacco bello. Tutti stretti, tutti attorno a lui: non è il massimo in questi tempi di cautele sanitarie, ma è una prova d’amore commovente, oltre ogni aspettativa.

L’appuntamento è al “palo della morte”, dove nel film si incontrano il bullo Enzo e il timido Sergio, all’inizio di un improbabile viaggio verso Cracovia per alleviare la solitudine del Ferragosto romano. Enzo è il primo “coatto” di Carlo Verdone, il capostipite di un lungo elenco di personaggi entrati nell’immaginario collettivo. Un sacco bello forse è la sua opera più amata, sicuramente un esordio col botto. Merito anche di Sergio Leone, che convinse il giovane Carlo a confrontarsi con la macchina da presa e si offrì di produrre la pellicola. Quel giorno finiva la carriera di un comico di successo – i personaggi di Verdone spopolavano in Rai – e iniziava quella di uno dei più amati registi del cinema italiano. È il film del primo Verdone camaleonte (bullo, fricchettone e fregnone), di Renato Scarpa, di Mario Brega “communista così”, della bellissima Marisol/Veronica Miriel, delle musiche di Ennio Morricone.

Era il 1980, un’altra epoca, un’altra Roma. Sono passati quarant’anni tondi e nessuno se n’è dimenticato. Al “palo della morte”, che poi era un traliccio dell’energia elettrica che oggi non c’è più, ogni Ferragosto si svolge una piccola processione laica per celebrare lo spirito dell’estate romana. Stavolta si sono fatte le cose in grande, per iniziativa di Giovanni Caudo e Christian Raimo, presidente e assessore del III municipio di Roma, due che stanno mostrando come la cultura non abbia bisogno di tappeti rossi: si può portare anche in periferia.

La risposta del quartiere è straordinaria. In centinaia aspettano il regista in piazza, sotto il sole, bardati con mascherina. C’è un’Alfa Sud rossa proprio come quella di Enzo, con un cartonato a grandezza naturale del personaggio verdoniano, protagonista di un’inevitabile processione di selfie.

Alessia e Stefano sono una coppia di amatori: “Conosciamo i suoi primi film a memoria”. Li spinge qui, tra gli altri sentimenti, un filo di malinconia per quello che si è perso. Una suggestione che unisce tutti: “Roma era bellissima e ingenua. Era una città ancora in crescita”. Massimo e Damiano sono padre e figlio, il primo ha 70 anni e il secondo 36. Sono la dimostrazione che Verdone è un mito intergenerazionale. “Quando hanno girato qui era tutto un cantiere”, dice il papà. Il profilo delle torri dei giganteschi lotti popolari di Vigne Nuove nel film già si scorge, è l’unico segno di continuità, il resto è cambiato. “Era tutto appena costruito – ricorda Stefano –, erano i tempi delle prime assegnazioni. Prima c’erano state le lotte per la casa, la fuga da borghetti e baracche. Roma era un’altra città, aveva una dimensione differente”. Lo ripetono tutti: era bellissima. Nel 1980 il “palo della morte” era la frontiera, il confine della città. Ora è stato inghiottito da altro cemento.

Verdone arriva sul luogo dell’appuntamento alle 18, in perfetto orario, scortato dalle autorità del municipio, ma non si ferma: tira dritto. Partono le battute: “È ipocondriaco, se sarà andato a nasconde”.

La passeggiata continua, Verdone entra in un cortile delle case popolari. È quasi assalito dalla folla, strattonato come un santo: “Sei un grande Carlè!”, “Fatte tutto er giro de Roma così puliscono le strade, viecce sempre alle popolari!”. Cori da stadio, foto, abbracci. il regista riceve come omaggio una targa dal municipio: “La dedico a tutti voi, a questo quartiere, che ha avuto tanta poesia, perché oltre che risate c’era poesia, un pizzico di malinconia e anche molta follia”. Ricorda: “Quando io ho girato qui non c’era niente, tutti i palazzi erano in costruzione, sembrava una scena di Mamma Roma di Pasolini”. Poi si risale fino al “palo”. Viene svelata un’altra targa celebrativa, poi tutti al Cinema all’aperto, all’Arena Talenti, a vedere Un sacco bello.

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