Diversa maggioranza, diversa produttività. Il governo Conte II, che si regge sul sostegno di Pd e M5S, non è solo impegnato a fronteggiare la crisi sanitaria ed economica del covid-19 ma anche a smaltire la grande mole legislativa prodotta dai precedenti esecutivi. Sembrerà strano ma è così: molti dei provvedimenti annunciati e approvati dal Consiglio dei ministri e dal Parlamento (uno su quattro) richiedono un elevato numero di decreti attuativi che devono essere adottati per tempo dai ministeri di competenza. Pena, in molti casi, la decadenza del provvedimento. Senza scomodare il cancelliere Bismarck – “Se vi piacciono le salsicce e le leggi, non chiedetevi come sono fatte” – il governo in carica, e i relativi ministeri, si sono messi pancia a terra a lavorare e in dieci mesi, dal 5 settembre 2019 al 6 luglio scorso, hanno adottato il 47% dei decreti attuativi ereditati dall’esecutivo precedente, che si reggeva anche sui voti della Lega. Sono 165 su un totale di 351 decreti attuativi richiesti da leggi approvate durante il Conte I: un anno fa, alla fine dell’esperienza gialloverde, ne erano stati portati a termine solo 77, appena il 22%. Li hanno più che raddoppiati.
A certificarlo è l’ultimo rapporto aggiornato al 6 luglio dell’Ufficio per il Programma di Palazzo Chigi. Tra i provvedimenti relativi ereditati dal governo Conte I, ne spiccano cinque per il cosiddetto “Sbloccacantieri” (tra cui quello del Terzo Valico di Genova), cinque sul reddito di cittadinanza e “Quota 100” e sette sulla Legge di Bilancio 2019. I settori in cui il Conte II ha recuperato più terreno sono lo Sviluppo economico, la Pubblica amministrazione e il Mercato del lavoro. Solo a giugno, per esempio, ne sono stati adottati 31 di cui solo 13 relativi a leggi della maggioranza giallorosa mentre altri 12 si riferivano all’esecutivo passato e 6 addirittura al governo Gentiloni. Se invece guardiamo ai provvedimenti adottati dal governo in carica, la percentuale scende considerevolmente: dei 431 decreti attuativi a cui rimandano le norme, i singoli ministeri ne hanno adottati solo 73, pari al 17%. Ma questo calo di produttività (-5%) tra i due esecutivi guidati dall’avvocato pugliese è solo apparente: in primo luogo perché il Conte I è durato 15 mesi contro i 13 attuali del Conte II (da Palazzo Chigi confidano di colmare il gap in 60 giorni) e poi perché il governo nelle ultime settimane è stato costretto ad approvare, per l’emergenza Covid, un numero molto elevato (e insolito) di norme che richiedono regolamenti di attuazione. Sono 143 sui 431 totali. Uno su quattro.La sfida dei ministeri ora è portare a termine l’iter dei provvedimenti approvati per l’emergenza. Sulle 125 norme scadute, 20 riguardano il decreto Rilancio del maggio scorso.
Sul governo però pesa il macigno dei decreti attuativi ereditati dai governi Letta, Renzi e Gentiloni. Se a settembre scorso, al momento dell’insediamento, quelli ancora da adottare erano ben 413, oggi sono 341: 11 relativi al governo di Letta, 119 dei quasi tre anni di Renzi e 211 di Gentiloni. Secondo il report di Palazzo Chigi, però, negli ultimi due anni si è assistito a un netto miglioramento: dei 677 ereditati dal Conte I dalla legislatura precedente, oggi siamo a 341 approvati, con una riduzione del 49,6% in due anni. Ultima nota sull’ex ministro dell’Interno, Matteo Salvini, che aveva deciso di far cadere il governo per “l’immobilismo” del M5S. In realtà il leader leghista non è stato molto produttivo durante il suo anno al Viminale: sullo stock di 82 decreti attuativi, ne sono stati approvati solo 20 (il 24,5%), di cui 14 relativi al governo Conte I. Molti restano in stand-by , anche le norme del primo decreto sicurezza, uno dei cavalli di battaglia di Salvini. L’ha lasciato al ministro Luciana Lamorgese: l’attuazione è ferma al 23%.